A
distanza di poco più di un anno dal suo insediamento, Donald Trump
ha dato il via al programma protezionista in ambito economico che ha
caratterizzato la sua campagna elettorale.
Nei
primi giorni della sua presidenza era già ricorso ai poteri
presidenziali per ritirare gli USA dal TPP, il trattato
trans-pacifico, affermando che non era vantaggioso per gli Stati
Uniti. Lo stesso argomento è stato invocato in merito al commercio
estero, con l'Unione Europea e diverse nazioni asiatiche, per
prodotti quali pannelli solari, elettrodomestici, acciaio, alluminio
ed altre decine di categorie di prodotti.
Difficile
non chiamarla "guerra commerciale" poichè ne ha la forma e
la sua sostanza si manifesterà nei contraccolpi che causerà in
Europa, se realmente si verificherà. L'obiettivo principale, a detta
del presidente americano, è la Cina, accusata di pratiche
commerciali scorrette (dumping salariale, aiuti di stato, furto di
brevetti, ecc) ma le ricadute sul rapporto con l'Europa sono
evidenti. Le eventuali sanzioni decise da Trump non avranno lo stesso
impatto su ciascuna delle nazioni che compongono l'Unione Europea.
Alcune di esse come l'Italia, la Francia e la Germania, hanno un
apparato industriale che per dimensione aggregata e specializzazioni
si mette in diretta concorrenza con quello americano. In particolare
la Germania è il quinto esportatore a livello mondiale verso gli USA
con l'8,1 %, mentre importa a sua volta il 5,5 % dagli Stati Uniti.
L'Italia
esporta il 7,8% ed importa il 3,3 dagli USA1.
Trump
ha affermato che i dazi nei confronti dell'UE sono "sospesi"
sino al 1° maggio, ma la Commissione Europea ha, giustamente,
respinto un ultimatum così imperativo invocando il dialogo.
In
effetti quello di Trump sembra il bluff di un giocatore di poker
poichè, se è vero che i dazi danneggeranno i paesi che più
esportano in USA, è anche vero che i consumatori americani,
complessivamente, importano quasi 500 miliardi di $ di merci
dall'Europa e quasi 1000 miliardi dalla Cina , su un import
complessivo di 2,21 trilioni di $2.
Sostituire
quei prodotti con gli omologhi americani sarebbe, nel breve e medio
periodo, più costoso per i consumatori americani e comunque per
alcuni prodotti, potrebbero non esserci alternative praticabili
(basti pensare alle automobili).
Ma
i dazi non sono il punto principale del contenzioso con l'Europa. Lo
sono invece principi come quello di precauzione adottato nella
Comunità o le normative europee sulle importazioni di certe
categorie di prodotti americani come la carne di manzo e il pollame,
i cereali OGM, farmaci ed automobili. Queste norme, a detta degli
americani, impedendo l'esportazione dei loro prodotti verso il
Vecchio Continente, causano l'attuale squilibrio della bilancia
commerciale americana, e sono state oggetto di contenzioso anche in
seno al WTO.
All'inizio
di questo articolo abbiamo citato il TPP, il trattato commerciale tra
11 nazioni che si affacciano sul Pacifico, voluto da Obama e
osteggiato da Trump. Quel trattato ha un gemello, diciamo
"dormiente", tra gli USA e l'altra sponda atlantica,
l'Unione Europea, e cioè il TTIP.
Il
Trattato di Partnership Commerciale Transatlantica, che ha visto
Stati Uniti ed Unione Europea confrontarsi per 15 round prima di
interrompersi bruscamente, mira a realizzare un mercato privo di dazi
e barriere doganali tra le due sponde dell'Atlantico. Il trattato
inoltre definisce anche un'armonizzazione degli standard produttivi e
legislativi su diverse materie, le cosiddette Barriere Non Tariffarie
(BNT). Possiamo definirlo "dormiente" poichè non vi è
stato alcun pronunciamento ufficiale sull'interruzione dei negoziati
nè da parte dell'UE, nè dagli USA.
Attualment
tariffe e dazi doganali nel commercio transatlantico sono già
piuttosto ridotte (5,2% per l'UE e 3,5% per gli Stati Uniti, dati
2015). Notevoli sono invece le differenze regolamentari, legislative
e normative tra le due sponde dell'Oceano. Si pensi solamente alla
differenza tra le unità di misura (gli USA non adottano il sistema
metrico decimale), ai diversi formati e tensione delle prese di
corrente (220 volt in Europa, 120 volt in USA) o alle norme
sull'import-export dei prodotti agricoli. Il trattato punta quindi a
ridurre le BNT, ovvero all'eliminazione o armonizzazione di
tutte quelle norme che rendono costoso il commercio di una stessa
categoria di prodotti tra Europa e USA3.
Il
TTIP è stato combattuto aspramente da movimenti e partiti in tutta
Europa. Anche governi, come quello francese di Hollande e quello
tedesco della Merkel hanno sollevato dubbi su alcuni suoi punti.
Quello che Stati Uniti ed Europa stavano contrattando era un accordo
tra pari, ma Trump ha svelato l'inganno gettando sul tavolo i numeri
dell'export tedesco (116 mld $, dati 20164),
italiano (47 mld $) e francese (48 mld $) in America e di quello
americano in Europa (307 mld $ ).
Trump
ha dichiarato più di una volta di voler ricostruire la base
industriale degli Stati Uniti e per farlo ha già messo in atto,
oltre ai dazi su diversi prodotti, anche incentivi fiscali al rientro
di attività dall'estero e riduzione delle tasse per le imprese. Il
mercato americano è ampio e ricco, ma a guadagnare da esso non sono
i lavoratori americani ma le sole , grandi , corporations.
Paradossalmente, più le grandi corporations macinano profitti,
producendo in paesi in via di sviluppo e rivendendo in America, più
gli Stati Uniti si indebitano. I numeri dicono che i cittadini
americani non hanno però il lavoro sufficiente per pagare i prodotti
in vendita. Solo nel 2017 hanno chiuso più di 5000 centri
commerciali 5
e con i consumatori se ne sono andati via anche i lavoratori.
E
le fabbriche avevano già chiuso anni fa. Dopo aver subito
l'offensiva giapponese negli anni '80, specialmente in campo
automobilistico e nell'elettronica, oggi è il tempo delle aziende
cinesi. Marchi come Huawei, Lenovo, Cosco, Haier, Great Wall e stanno
rapidamente sostituendo tanto i giapponesi quanto gli americani sul
mercato nordamericano.
Gli
USA importano ulteriori 580 mld $ di merci da Canada e Mexico, gli
altri due aderenti del NAFTA, anch'esso molto osteggiato da Trump.
Anche con questi due paesi la bilancia commerciale è negativa,
poichè gli USA vi esportano solo 497 mld $ di beni, ed è
sicuramente per questo che il presidente americano vuole ridefinire i
termini dell'accordo nordamericano.
Non
possiamo dimenticare che Trump si è detto anche molto critico del
WTO e che la sua politica estera , in tema di commercio estero,
prevede esclusivamente accordi bilaterali 6.
In
definitiva i dazi di Trump hanno un duplice scopo: in primo luogo
ridurre le importazioni dalla Cina stimolando il ritorno di attività
produttive negli Stati Uniti, il cosiddetto "in-shoring"7.
In
secondo luogo, riportare l'Unione Europea al tavolo delle trattative
sul commercio atlantico in una posizione di forza e contrattare un
accordo bilaterale, un TTIP "light", che metta d'accordo la
forte vocazione esportatrice delle aziende europee, soprattutto
tedesche, e americane senza intaccare i rispettivi campi di
eccellenza. Come detto, il rapporto tra Cina e Germania sta crescendo
rapidamente in forza e intensità e questo può minacciare lo status
economico globale degli USA. La relazioni tra le due nazioni può
rafforzarsi attraverso i collegamenti ferroviari attraverso la
Russia, tagliando fuori gli Stati Uniti dalle rotte del commercio
globale.
Trump,
insomma, cerca di indebolire entrambe e contemporaneamente provare a
rafforzare il rapporto con quella che Brzezinski definì "la
testa di ponte democratica sulla massa continentale", ovvero
l'Europa.
Questo
è un imperativo geopolitico pressante per evitare di essere tagliati
fuori da un commercio globale che vede sempre più la logistica via
mare soccombere su quella via terra, rendendo vana la supervisione
militare delle vie marittime da parte degli USA, rendendoli così
meno "necessari".
Lo
scontro immaginato chiaramente da Sir Harford Mackinder, più di
cento anni fa, tra le potenze di mare e quelle di terra, non si è
ancora concluso. Si è solo spostato nel campo economico. E speriamo
ci resti.
1F.
Bertolami, TTIP La NATO Economica? Il Partenariato Transatlantico
per gli Scambi e gli Investimenti nella geopolitica del XXI secolo.
Experiences Edizioni, Messina, 2016 pag 140
2https://atlas.media.mit.edu/en/visualize/tree_map/hs92/import/usa/show/all/2016/
3F.
Bertolami, TTIP La NATO Economica? Il Partenariato Transatlantico
per gli Scambi e gli Investimenti nella geopolitica del XXI secolo.
Experiences Edizioni, Messina, 2016 pag 115
4https://atlas.media.mit.edu/en/visualize/tree_map/hs92/import/usa/show/all/2016/
5https://clark.com/shopping-retail/major-retailers-closing-2017/
6http://www.bbc.com/news/world-us-canada-41529550
7In-shoring
è il processo di rimpatrio delle aziende americane, un tempo
trasferitesi all'estero per godere di costi del lavoro e più bassi
e normative meno restrittive.