In un’epoca di
comunicazioni di massa come quella nata dai giornali dell’ottocento
, proseguita con la radio e la televisione nel ventesimo secolo e
giunta fino alla vasta diffusione di internet dei nostri giorni,
tanti argomenti sono ormai patrimonio di tutti e non solo di chi ha
la possibilità di recarsi fisicamente in luoghi lontani; il prezzo
da pagare è però l’accettazione implicita che queste informazioni
portino con sé una dose più o meno elevata di distorsione , di
polarizzazione , che non può non riflettere i valori di chi le
diffonde e , in una certa misura , della Società in cui esse
vengono veicolate.
A partire dagli anni '90
si è andato progressivamente affermando un nuovo approccio alla
geopolitica che prende le distanze nettamente dalla concezione
classica di questa disciplina che vedeva nel Problem-solving la
spinta principale alla concezione geografica del potere.La
geopolitica critica , nasce negli anni novanta ,
con i primi lavori di Routledge , Dalby e O’Tuathail , come
nuova prospettiva di indagine della geopolitica , nell’ambito del
post-strutturalismo.
La
Geopolitica CRITICA
La Critical Geopolitics
, che può essere distinta nelle sue fondamentali prospettive dette
“popular geopolitics” , “formal geopolitics” , “structural
geopolitics” , e “practical geopolitics” , rivolge il suo
sguardo al “come” vengano prodotti gli eventi geopolitici
analizzando appunto le modalità attraverso le quali le forze in
campo modificano o cercano di modificare le relazioni internazionali
secondo i propri progetti e come questa operazione costituisca una
“costruzione di senso” per i cittadini e gli stessi attori
geopolitici.
Quanto avvenuto con la
Guerra nei Balcani o l’invasione dell’Iraq del 2003 o
dell’Afghanistan esemplificano bene quanto detto poc’anzi : le
opinioni pubbliche dei paesi che hanno aderito o meno a questi
avvenimenti hanno maturato la propria posizione grazie alla massiccia
dose di informazioni fornite dai Mass Media messe in atto nelle
rispettive Nazioni.
Ciò introduce una
definizione particolare di Geopolitica messa in luce ,tra gli altri,
da Joanne Sharpe che va sotto il nome di “Popular Geopolitics”
ovvero l’effetto che i discorsi prodotti dalle Elite dominanti
producono sulle persone comuni attraverso l’uso che le prime fanno
dei mezzi di comunicazione di massa , di cui dispongono , per
influenzare le seconde.
Sharpe afferma che i
discorsi “Formali” o “Pratici” di stampo Geopolitico altro
non sono che le ricadute a livello alto o basso delle decisioni prese
dalle Elites dominanti ed è perciò importante non tanto l’analisi
di questi stessi discorsi ma delle cause e degli effetti che questi
discorsi creano nella realtà.
Autori come O Tuathail ,
Routledge o Dalby , per la scuola di stampo Anglosassone ,
focalizzano la loro attenzione sulle pratiche messe in atto dai
detentori del potere per descrivere la realtà ad una opinione
pubblica ormai divenuta anch’essa Globale oltre che agli altri
attori sulla scena Mondiale.
Dalby , ad esempio ,
sostiene che il compito della Geopolitica Critica debba essere non
solo l’analisi dei discorsi Geopolitici dominanti ma anche di
quelli alternativi e che ad essi si contrappongono poiché entrambi
concorrono alla formazione della realtà Sociale notando però che
ogni discorso che si afferma sopprime necessariamente altri discorsi
non necessariamente in virtù di una maggiore forza esplicativa o
inattaccabilità logica ma , spesso , per la maggior forza con la
quale vengono reiterati e sostenuti.
L’apporto di O Tuathail
alla riflessione post-moderna di stampo Geopolitico è , tra gli
altri , che l’analisi dei discorsi di questa natura debba essere
fatta tenendo sempre a mente il quadro storico più ampio e le sue
contingenze sociali e politiche. Egli inoltre afferma che sia
necessario decostruire i discorsi Geopolitici dominanti che tendono
surrettiziamente a tralasciare alcuni aspetti delle questioni in
esame per metterne in luce altri più funzionali alle esigenze delle
Elite dominanti e fare anzi della Critical Geopolitics “il” nuovo
discorso Geopolitico dominante.
Centrali sono quindi la
nozione di “discorso” già messa in luce dal francese Michel
Focault , inteso come quell’insieme di pratiche che permettono la
“produzione di senso” che rende “reale”quanto avviene ed in
definitiva lo legittima e quella Gramsciana di “senso comune”
prodotto dall’Egemonia che i poteri dominanti applicano
culturalmente. Il concetto di potere espresso da Foucault è
straordinariamente attuale : esso è prima di tutto un discorso ,
ovvero una proliferazione di discorsi, guidato verso una direzione di
senso piuttosto che un altra.
Citando il famoso saggio
di Berger e Luckmann , ”La Realtà come costruzione Sociale”
possiamo affermare che “(…) nessun pensiero umano è immune dalle
influenze ideologizzanti del proprio contesto sociale” e ciò è
tanto più vero per quanto riguarda la conoscenza delle questioni
inerenti “l’altro” , ciò che è “Straniero” , ciò che è
diverso da Noi , argomenti , questi , centrali nei discorsi
Geopolitici.
La parzialità o meno
della rappresentazione mediatica “mainstream” rispecchia
l'atteggiamento della politica del paese , dell'opinione pubblica ,
delle necessità dettate dalle alleanze , o è frutto di una
misurata equidistanza?
LE FONTI INFORMATIVE
Un
recente studio dell'ISTAT ha messo in luce come la consistente
maggior parte della popolazione italiana si rivolga quasi
esclusivamente alla televisione per ottenere le informazioni
riguardanti la sfera della Politica Nazionale quella Internazionale.
Una
scarsa percentuale legge i giornali quotidianamente e , di questi ,
molti fruiscono esclusivamente della “free press” sbocciata negli
ultimi anni.
Aggiungiamo
inoltre che spesso la fruizione delle notizie è fugace , basata sui
titoli più che sul reale contenuto , compressa dai tempi veloci
della quotidianità. Nel caso della Free Press , diffusissima nelle
grandi città , le notizie di politica estera non appaiono neanche o
sono soffocate da servizi di gossip e di cronaca.
La
radio ovviamente copre la quasi maggioranza della popolazione per cui
possiamo dire che ogni giorno , ogni cittadino italiano è immerso in
un “brodo informativo” , somministrato tramite un continuo “info
mix” , ovvero l'equivalente del “marketing mix” ,
tradizionale strumento del Marketing pubblicitario.
La
radio lancia la notizia , la TV la amplifica , la stampa la spiega ,
il giorno dopo ed internet. La approfondisce. Questa è la sequenza
con cui i media gestiscono il flusso informativo.
Difficilmente
, però , quella che gli statistici chiamerebbero “la
maggioranza degli italiani” , verifica le fonti , la loro
esattezza , il reale alternarsi degli eventi e della catena
causa/effetto delle informazioni che riceve , a maggior ragione se
vengono dall'estero o ad esso si riferiscono.
IL
Gatekeeping INFORMATIVO
Fondamentale ,
nell'ambito della comunicazione , è l'opera di “gatekeeping”
(letteralmente “portieraggio”), rappresentata dalla
concentrazione della proprietà dei mezzi di informazione in pochi
gruppi che determina quali delle tante notizie lanciate dalle
agenzie ogni giorno meritino di essere diffuse e approfondite. Il
Gatekeeper decide appunto a quale delle varie notizie aprire le porte
dell'informazione verso il pubblico. Chiaramente il processo è
guidato dai valori e dagli obiettivi di chi le diffonde e dalla
necessità o meno che certe informazioni vengano diffuse.
Al contrario di quanto
accade all'estero, dove la politica estera trova sempre un discreto
spazio sulle pagine dei quotidiani, in Italia certi argomenti sono
meno presenti ; un caso particolare è rappresentato da Limes che è
l'unica rivista esclusivamente dedicata alla politica estera diffusa
quasi capillarmente nelle edicole italiane . Se si aggiunge poi che
, come detto , i media tradizionali hanno proprietari certi , il
cui coinvolgimento con il potere è evidente o presumibile , si può
immaginare come le opinioni da essi veicolate non possano non essere
influenzate dagli scopi del potere stesso. La molteplicità dei siti
sull'argomento reperibili in rete , fatti salvi i siti ufficiali dei
quotidiani esteri , rende invece difficile l'attribuzione della
paternità dell'informazione e gli eventuali interessi che si celano
dietro di essa.
Il “collages
informativo” composto da porzioni di informazione prelevate da
questo e da quel sito o blog e confermate tramite triangolazione (la
verifica contemporanea di una informazione dubbia su più fonti:siti
ufficiali , agenzie e quotidiani on-line , il sito in questione ed
altri siti in rete) delinea una situazione del tutto nuova. Potremmo
dire che aumentando e differenziando il numero delle fonti
informative e diminuendo in esse la quota di condizionamento patente
o latente esercitato dal potere di riferimento si arriva a
“scrivere” la propria visione dell'argomento. Non è ovviamente
possibile accedere a tutte le fonti disponibili sull'argomento ma la
sola ricerca del termine “Iran” , o “guerra all'Iran” su un
motore di ricerca rende bene l'idea di quanto sia popolato il
dibattito sull'argomento lontano dalle telecamere o dalle prime
pagine che invece propongono una sola immagine polarizzata.
L'UNICO REALE POSSIBILE
Per molti versi infatti
la diffusione di notizie geopolitiche si inscrive in quelle che la
moderna strategia militare chiama “spy-ops” o “psychological
warfare” ovvero operazioni di “conquista delle menti”:in
assenza di una idea specifica su un argomento si presume che un
cittadino sia più incline a sposare le idee ripetute più spesso e
su più canali informativi meglio se ritenuti “autorevoli”. La
ripetizione di clichè e stereotipi , poi , determina la
plausibilità delle continue informazioni sul tema e le inscrive in
un panorama cognitivo e simbolico che si rafforza ad ogni successiva
nuova notizia.
Ciò che viene
“raccontato” diviene , per dirla con O'Thuathail , “l'unico
reale possibile” e su questo vengono costruite le motivazioni che
legittimano l'agire , se necessario anche con la forza.
Se oltre a questo
aggiungiamo che l'informazione “altra” da quella ufficiale viene
bollata come “complottista” se non addirittura di appoggio o di
matrice filo-terrorista , il quadro si completa con la
demonizzazione non solo dell'avversario ma anche dei suoi difensori e
alleati.
Infatti , come Ó
Tuathail and Dalby (1998, 5) hanno già affermato :”... la
Geopolitica satura la vita di ogni giorno di Stati e Nazioni. I
luoghi della sua produzione sono multipli e pervasivi,sia in “alto”
(come un memorandum di sicurezza nazionale) che in “basso” (come
le pagine di un giornaletto popolare) , sia “visuali” (come le
immagini che muovono gli stati ad agire) che “discorsivi” (come i
discorsi che giustificano le azioni militari)...”
I media sono perciò il
veicolo fondamentale,in una società moderna, per trasmettere ed
istituzionalizzare idee,immagini e propositi di stampo Geopolitico.
La
pubblicistica geopolitica è intrisa del concetto di “Language
Engineering” ovvero dell'utilizzo del linguaggio e delle sue
sfumature per veicolare concetti a proprio favore facendo leva su
elementi già condivisi con l'uditorio o creandone di nuovi
utilizzando espressioni accuratamente studiate dagli esperti del
settore ,i cosiddetti “spin doctors”.
In
questo processo i media trasferiscono ed amplificano di questi
concetti preconfezionati verso l'opinione pubblica che li rende
propri e familiari ma in una maniera tale per cui , vista la continua
produzione di nuovo lessico sui diversi argomenti da parte delle
relative fonti, i giornalisti si ritrovano ad essere meri
trascrittori di concetti anziché reporter di notizie.
Neologismi
quali “guerra umanitaria” , “danni collaterali” o “missione
di pace” hanno riempito pagine di giornali e sono diventati comuni
nel lessico quotidiano ma attorno ad essi continuano a svolgersi
aspri dibattiti non solo di carattere semantico ma anche di stampo
politico e filosofico. Battezzati spesso come propaganda , svolgono
il loro specifico ruolo nel permettere alle istituzioni che li creano
e li propagano di dissimulare concetti complessi e di ardua
trattazione in regimi di stampo democratico, con termini , o
associazioni non aggressive di termini , che richiamino immagini
legate ad una moralità giusta o perlomeno attenta ai valori umani.
Il che sembra quasi
ricalcare le affermazioni Dalby e O'thuathail, ma anche di funzione
manipolatoria veicolando una realtà mediale che rappresenta per
molti cittadini l'unica esperienza attualmente disponibile.
Nuovi argomenti e nuove
immagini , reali e mentali , verranno diffuse e create ma
sottotraccia resterà sempre chiaro quale sarà la parte dei “buoni”
e quella dei “cattivi”.Le due categorie polarizzanti del “Noi”
e del “Loro” risiedono in questa opposizione e vi si integrano
nella rappresentazione da parte dei media Nazionali , Europei e
Mondiali a seconda che ci si schieri tra i sostenitori dell'una o
dell'altra parte.
La
Geopolitica e la Storia ci hanno insegnato che queste due
insopprimibili categorie mentali possono cambiare assetto , in
processi in cui alcuni soggetti passano da una parte all'altra dello
schieramento o mutamenti politici,sociali ed economici portano
Nazioni considerate strette alleate a diventare ostili o nemici
recenti a scoprirsi Fratelli.