Perchè Ordine e Progresso?

Il Blog prende il nome dal motto inscritto sulla bandiera del Brasile e mutuato da un'aforisma di Auguste Comte.
Questi, uno dei padri della Sociologia, era una convinto positivista, il che nel 1896 lo rendeva anche un progressista.
L'importante è , come infatti Comte mette al primo punto, che l'Amore sia sempre il principio cardine dell'Agire.


L'Amore per principio e l'Ordine per fondamento;il Progresso per fine

Auguste Comte ,1896

martedì 15 dicembre 2015

La Francia non svolta, niente di nuovo sul fronte occidentale.


Domenica 13 Dicembre, ad un mese esatto dagli attentati di Parigi, si è svolto il ballottaggio per le elezioni regionali in Francia. Il Front National (FN) di Marine Le Pen, sebbene fosse in vantaggio al primo turno in 7 regioni, non ne ha conquistata nessuna. Ciò è accaduto in quanto il Partito Socialista (PS) di Manuel Valls e il centrodestra (Republicains-UMP) di Nicholas Sarkozy hanno messo in pratica una desistenza reciproca mirata a conquistare la vittoria a scapito del candidato del FN. In Italia lo chiameremmo un “biscotto”. PS e UMP si sono suddivise quasi equamente le presidenze, 7 per l'UMP e 5 per il PS , relegando ovunque il FN all'opposizione. Fin qui la stretta cronaca.

Subito dopo la fine dello spoglio dei voti sono partite però le analisi e le dichiarazioni dei leader. Un po' come accadeva in Italia ai tempi del sistema elettorale proporzionale, hanno vinto tutti. Ha vinto Sarkozy, che può ora proporsi come l'anti Le Pen per far confluire su di sé i voti degli elettori di destra meno estremi. Ha vinto la Francia, ha vinto la Repubblica, secondo i titoli dei grandi giornali francesi, in quanto la minaccia di un'ascesa lepenista è stata fermata. Ha vinto anche il FN che continua la sua crescita e si propone come il primo avversario del ballottaggio per l'Eliseo nel 2017. In merito Jacques Sapir scrive: “Queste elezioni sono solo in apparenza una battuta d’arresto per il Front National. Di fatto nasconde un reale successo. In numero di voti, fra il primo e il secondo turno il Front National ha segnato un significativo progresso. Ha superato il numero di suffragi espressi nelle elezioni presidenziali del 2012, con un tasso di astensione che è aumentato. Soprattutto ha decisamente aumentato il numero di consiglieri regionali (oltre 350) beneficiando così della manna finanziaria [finanziamento ai partiti, N.d.T.] e del radicamento che ne deriva. Non è cosa da poco, e stupisce il fatto che molti opinionisti non ne facciano cenno. ” 1. Non ha perso il PS che però ha approfittato dell'ondata emotiva seguita agli attentati di Parigi e all'aumento del gradimento per Hollande. Indubbiamente la Politica Nazionale ed Internazionale hanno avuto un grande peso nella campagna elettorale sebbene si trattasse di elezioni Regionali.

L'alleanza, tacita o meno, tra PS e UMP ha fatto dire a Marine Le Pen subito dopo il voto: “Siamo la prima forza d’opposizione, in molte zone abbiamo estirpato i socialisti, il tripartitismo è diventato bipartitismo, i mondialisti contro noi patrioti. [...]”2. La Le Pen ha quindi identificato il blocco elettorale tra PS e UMP come un'unione di forze mondialiste (quindi, in potenza, antifrancesi) coalizzate fra loro per scongiurare la vittoria dei Veri Francesi, dei Patrioti, del Front National. Al primo turno aveva esclamato “E' la rivolta del Popolo contro le Elite”3. Il copione è lo stesso ma l'esito non è stato quello sperato. Al di là del risultato, il punto è che lo slogan della deputata francese corrisponde ad un modello interpretativo che nel tempo ha dato vita a nuove formazioni politiche in altre nazioni come la Spagna con Podemos e Ciudadanos, in Germania con Alternative Fur Deutschland, in Finlandia con i True Finnish e in Italia con il Movimento 5 Stelle.

Tutti questi movimenti hanno in comune tra loro l'opposizione ad una classe politica e burocratica nazionale percepita come una “casta”, l'opposizione all'Euro e a tutto ciò che l'appartenenza alla moneta unica porta con sé, l'accusa al capitalismo bancario di servire interessi di pochi a scapito della società nel suo complesso e il tentativo di fermare la deriva neoliberista delle società occidentali sebbene rispetto a tutti questi il FN sia ancora venato di un forte nazionalismo. Marine Le Pen aderisce a questa visione e, dopo aver sfrondato la sua ala estrema, rimasta con il fondatore Jean-Marie Le Pen, oggi si propone come la paladina delle classi medie impaurite e impoverite e dei francesi che vedono sparire il lavoro.

La contrapposizione Destra-Sinistra in tutta Europa sta lasciando il campo ad una nuova forma, se vogliamo “neoclassista”, della contrapposizione politico-sociale in cui la dicotomia è oggi rappresentata da una classe mondialista e cosmopolita composta da imprenditori, finanzieri, politici, corporations, fondi sovrani, conti alle Cayman, ecc da una parte e il resto della popolazione dall'altra. Se proprio non è il 99% contro l'1% non vi si discosta molto. Una tale rappresentazione del conflitto politico-sociale ricalca in parte quella esposta da Alexander Dugin4 nel 2012 nel saggio “La Quarta Teoria Politica”. Il politologo, filosofo, geopolitico russo ha dato strutturazione filosofica a questo processo che nel corso degli anni 2000 aveva già descritto come rappresentazione della strenua lotta dei popoli per contrastare la spinta omologatrice del “progresso liberista” e del suo pensiero unico.

Peraltro alcuni notisti politici5 hanno anche fatto notare la vicinanza “ideologica” tra la Russia di Putin e il FN in Francia o il tono benevolo di alcuni post sul blog di Beppe Grillo in merito alle azioni russe in Siria. Dugin non è anti democratico ma fortemente anti liberale. Egli sin dalle prime battute afferma che il liberalismo abbia fatto di tutto per assicurare il collasso della politica6. In quanto dottrina politica il liberalismo è passato dal livello di idea, programma politico e dichiarazioni ad un livello di realtà infusa dei suoi principi, scansando tutte le possibili alternative e rendendosi di fatto l'unico ordine di cose possibili 7.

Avendo sconfitto tutte le altre dottrine politiche come il comunismo, il fascismo ed il nazionalismo il liberalismo si pone oggi come uno stile di vita; la politica diventa così bio-politica agendo a livello individuale e sub-individuale 8. Secondo l'autore non c'è che un modo per reagire a questa deriva, ovvero rigettare le teorie politiche classiche, sconfitte dalla Storia, e fondarne una nuova che integri il meglio da esse proposto ed elimini gli aspetti devianti che le hanno portato alla disfatta. Pertanto per giungere alla formulazione di una Quarta Teoria Politica che superi le prime tre, liberalismo, comunismo e fascismo è necessario9 riconsiderare la storia politica dei secoli recenti a partire da una nuova posizione che superi gli schemi propri delle vecchie ideologie e prendere coscienza dell'attuale struttura della società globale che va emergendo.

Decifrando correttamente il paradigma della post-modernità si dovrà imparare ad opporre non tanto le idee politiche, i programmi o le strategie quanto la obiettiva realtà dell'attuale frammentata e apolitica post-società globale. Infine, quindi, costruire un modello politico che offra una nuova visione del mondo.
Secondo Dugin, la “Fine della Storia” prospettata da Fukuyama è giunta, l'economia ha sostituito la politica sotto forma di mercato capitalista globalizzato e gli stati si stanno dissolvendo nel “meltin' pot” della globalizzazione10. Il liberalismo diviene allora post-liberalismo. Senza una dimensione politica esso cessa di essere una libera alternativa ma diviene una sorta di destino storicamente deterministico (economics as destiny)11.

Politicamente non è possibile determinare una destra ed una sinistra all'interno del panorama post-liberale. Dugin afferma che esistano solamente due posizioni: il centro (compiacenza) e la periferia (dissenso) entrambe applicabili a livello globale12. La suddivisione interna tra partiti di centrosinistra o centrodestra è perciò fittizia e funzionale a mantenere sotto controllo l'azione dei governi verso il fine mondialista. Politicamente, quindi, è necessario formare un fronte comune tra sinistrorsi, seguaci della nuova destra, movimenti religiosi ed altri movimenti anti-modernisti come ad esempio gli ecologisti o i verdi.
In definitiva Dugin definisce il liberalismo nella sua forma attuale “una forma di dittatura globale, incarnata da una potenza, gli Stati Uniti, che pretende di decidere chi è nel giusto e chi non lo è e perciò chi dovrebbe essere punito per questo”13. I valori occidentali fungono da termine di paragone e pretendono di essere universali ma sono in realtà una forma di aggressione ideologica contro la molteplicità di culture e tradizioni ancora esistenti nel mondo. In definitiva Dugin non costruisce la sua teoria in maniera positiva ma negando quegli elementi delle tre precedenti teorie che si sono dimostrate fallimentari e ne hanno determinato la sconfitta storica: “La Quarta Teoria Politica non indica cosa essa sia ma cosa in realtà non sia”14.


Le elezioni appena svolte hanno dimostrato che il FN non può vincere al secondo turno perchè non ha possibilità di allearsi con nessuno e che deve fare di tutto per conquistare il 50,1% al primo. I prossimi due anni ci diranno se le operazioni di “erosione” del voto di destra da parte di Sarkozy, o chi per esso a destra, avranno avuto successo e se il PS troverà un candidato forte e credibile per la successione ad Hollande (sarà dura risalire dall'attuale 20% di gradimento in due anni per ottenere l'investitura alle presidenziali come candidato socialista). Politicamente potrebbe essere maggiormente danneggiato da Sarkozy ma la gestione delle crisi internazionali, attualmente in mano ad Hollande, può influire sulla “narrativa” che la Le Pen potrà mettere in campo.
Al momento, nell'ottica di Dugin, la Compiacenza vanta il 70% dei consensi contro il 30% del dissenso. Ancora altri due anni di questa crisi infinita e di attentati suicidi potrebbero invertire quelle percentuali.
E se la Francia cambia rotta, ça va sans dire, lo fa anche l'Europa. 

Note:
 
1http://russeurope.hypotheses.org/4557 in http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15992
2http://www.lastampa.it/2015/12/14/esteri/nel-suo-feudo-al-nord-marine-prepara-la-riscossa-sabotati-ci-rifaremo-HPr2kSKxSGhrM9balY9N2O/pagina.html
3http://www.affaritaliani.it/esteri/francia-le-pen-rivolta-del-popolo-contro-le-elite-i-socialisti-ritirano-i-candidati-396572.html
4Alexander Dugin è nato a Mosca nel 1962. Laureato in filosofia, è stato giornalista durante gli anni di Breznev e co-fondatore nel 1993 del Partito Nazional Bolscevico insieme al politologo Eduard Limonov. In seguito è stato animatore e finanziatore del Partito Eurasia (poi Movimento Eurasiatista) nei primi anni del 2000. La geopolitica è il suo principale interesse e in questo campo egli diverrà un influente consigliere del Presidente russo Vladimir Putin durante gli anni della sua prima presidenza. Il suo saggio del 1997 Le basi della Geopolitica è stato anche adottato come libro di testo dall'Accademia Militare Russa
5http://www.iltempo.it/esteri/2015/12/09/marine-e-putin-uniti-contro-le-elite-1.1487597
6Alexander Dugin, La Quarta Teoria Politica, Arktos Media, 2012, p.12
7 Ibidem.
8Ivi p.13.
9Ivi p. 14
10 Ivi p. 19
11 Ivi p. 19
12 Ivi p. 22
13 Ivi p. 193 . In più di un'occasione i presidenti americani Reagan, Bush e Obama hanno accusato la Russia di essere “dalla parte sbagliata della Storia”
14 Ivi p. 196

martedì 8 dicembre 2015

L'Est Europa Tra incudine europea e martello Russo-Turco

In Polonia si sono appena svolte le elezioni nazionali e il partito Diritto e Giustizia (PiS) le ha vinte con il 39% dei volti. Il governo uscente ha preso il 24%. Ovviamente è già stato etichettato come “ partito ultranazionalista, populista ed euroscettico” dalla stampa italiana ed internazionale secondo un ben noto clichè. L'eurocrazia vede come fumo negli occhi qualsiasi forma di nazionalismo, anche la più blanda. L'accusa di populismo viene di conseguenza. Sull'accusa di euroscetticismo non c'è invece nulla da eccepire visto che la Polonia non adotta l'Euro e non sembra neanche tentata più dal farlo. La Polonia viene già affiancata alla “terribile” Ungheria di Orban ma presto altre nazioni potrebbero seguirle in questa nuova lista di proscrizione compilata a Washington e Bruxelles. Inoltre manifesta una comunanza di vedute anche con Serbia, Croazia e Slovenia sulla questione dei migranti. Sebbene infatti la Polonia non sia interessata dal flusso diretto dei profughi e dei migranti è però investita dalla richiesta europea affinché si faccia carico di una quota di essi. E' comunque tutta l'area centro-europea ad essere più che mai al centro di tensioni geopolitiche di cui le carovane di migranti provenienti dal medio oriente e dalla Turchia sono più un effetto che una causa. L'area ha diversi punti fermi di natura militare, economica e politica che la rendono rigida e fragile allo stesso tempo. Un po' come accade alla ghisa, capace di resistere a notevoli pressioni ma anche di andare in frantumi sotto un colpo ben assestato. E' rigida nella sua impostazione filo-atlantista e antirussa dettata dalla partecipazione alla NATO di quasi tutte le nazioni che la compongono. E' rigida anche nei confronti dell'Unione Europea con la quale ha il maggior interscambio commerciale e della quale segue le decisioni politiche, anche se non sempre del tutto convinta. E' fragile in quanto ancora troppo dipendente dalla Russia in campo energetico ed economico, come testimoniano i danni arrecati dalle contro-sanzioni russe al commercio della Polonia o della Repubblica Ceca. Ha però un'enorme punto di forza: la sovranità economica. A parte Slovacchia e Slovenia le altre nazioni dell'ex blocco socialista hanno mantenuto la propria moneta sebbene alcune di esse abbiano intrapreso le procedure per adottare l'Euro. In un epoca di governo economico, i diktat politici si possono anche sfidare se si ha un'alternativa. Se però da una parte c'è l'Euro, con le sue dure leggi di austerità e pareggio di bilancio, dall'altra parte l'alternativa può essere il Rublo? Da tempo Mosca cerca di aggirare l'uso del dollaro nelle transazioni internazionali ed inoltre la recente minaccia di espellere la Russia dal circuito SWIFT ha portato ad un ritorno alle transazioni in rubli con paesi extra UE. La svalutazione della moneta russa ha avuto un però un forte impatto e la sua instabilità crea un elemento di incertezza nei rapporti economici con l'est Europa. Per tutti questi motivi quest'area è quindi il vero crocevia d'Europa, o per dirla con il celebre geografo Sir Harford Mackinder, dell'Eurasia. Fu infatti il geopolitico inglese nel 1919 ad affermare “ Chi controlla l'Europa dell'Est, comanda l'Heartland, chi comanda l'Heartland comanda l'isola mondo, chi comanda l'Isola Mondo comanda il Mondo”. L'area che va dal Mar Baltico all'Adriatico e al Mar Nero è infatti al contempo una cerniera tra l'occidente cattolico e l'est ortodosso, tra un sud musulmano ed un nord cristiano. La cultura slava e quella latina coabitano ma per la maggior parte delle nazioni di questa parte d'Europa il trait d'union è ancora la matrice mitteleuropea retaggio dell'impero austroungarico. Quanto sono importanti le nazioni dell'est per l'Unione Europea ,e sottinteso per gli Stati Uniti? Quanto lo sono per la Russia? Quanto ancora si potrà sperare nella benevolenza turca nel trattenere i profughi che attraversano il suo territorio con il desiderio di andare in Germania o in Svezia? La geopolitica è tornata in forze nelle analisi sull'attuale situazione nell'est Europa, poiché non vi è , e non potrebbe esservi, una chiave di lettura univoca per ciò che sta accadendo politicamente. Nei confronti di alcuni paesi, come i Baltici o la Polonia , si sta agitando lo spettro russo, con annesso panorama ucraino fatto di invasioni e partizioni. Dall'altra però ungheresi e, probabilmente nei prossimi mesi, polacchi gradiscono l'interpretazione “sovranista” data da Putin all'intervento in Siria. Secondo quest'ultimo, infatti, Bashar Al Assad rappresenta il legittimo governo siriano, quindi la Russia interviene per ripristinare la legalità dietro sua esplicita richiesta. Il governo uscito dalle urne è perciò l'unico autorizzato a governare e non ci sono rivoluzioni colorate che tengano. Una bella assicurazione sulla vita per quei governi che anche in Europa vogliono continuare a mantenersi il più possibile indipendenti dal pensiero unico econo-tecnocratico. C'è poi il fattore G. La Germania è il vero dominus dell'area e probabilmente se oggi non esistesse l'Euro sarebbe il Marco la moneta da Stettino ad Atene. I tedeschi tengono particolarmente al loro “giardino di casa” forse più che al resto d'Europa. I disaccordi con gli USA circa la gestione della questione ucraina e le aperture a Putin sull'intervento in Siria stanno segnalando la volontà tedesca di non cedere alla volontà di Washington di isolare la Russia. La Germania è il primo esportatore in quel paese e non vuole certo perderlo così come non vuole perdere l'influenza che ha nei paesi dell'est Europa. Anche l'Italia, per voce del suo primo Ministro, ha fatto notare che le sanzioni alla Russia danneggiano particolarmente il proprio commercio estero ma la linea dura di Washington non permette deviazioni. Al momento le sanzioni europee sono garantite fino al gennaio 2016 ma è già in vista un prolungamento. Le controsanzioni russe termineranno a giugno dell'anno entrante. Ad oggi, quindi, l'area che va dalla Germania alla Grecia, se non alla Turchia, è parzialmente separata economicamente dalla Russia a causa di sanzioni e controsanzioni e contemporaneamente molti dei paesi che la compongono hanno frizioni con l'UE sia in merito alla gestione dei profughi sia per quanto attiene a materie economiche. Pensiamo a Grecia, Ungheria, Polonia, Slovenia, Croazia. La svolta nazionalista della Polonia dopo quella ungherese e quella, estrema, dell'Ucraina, è parte di una reazione delle opinioni pubbliche est europee di fronte ai problemi posti dall'appartenenza all'Unione Europea da un lato e dal risveglio della ricerca identitaria di fronte all'invasione che proviene dal meridione islamico. La Russia ha ancora una forte influenza in tutta l'area e gradisce le rivendicazioni nazionaliste ed i partiti che le propugnano. Estremizzando, ma non troppo, possiamo ipotizzare di essere in una fase pilota del TTIP, con la Russia esclusa dall'area economica europea, Italia e Germania, che dal trattato non avrebbero molto da guadagnare, insofferenti ed i paesi est europei in preda ai dubbi.In 25 anni i cittadini delle nazioni est-europee sono passate dal comunismo al liberalismo, dal Patto di Varsavia alla NATO dal Rublo all'Euro, dall'Unione Sovietica all'Euro. Ovviamente ognuno di questi passaggi ha lasciato perlomeno qualche dubbio nelle opinioni che questi cittadini si sono fatti circa il percorso fatto sinora. In Repubblica Ceca alle ultime elezioni del 2013 il secondo partito dopo quello Socialdemocratico, primo con il 20,46 dei consensi è stato il “Partito dei cittadini insoddisfatti” con il 18,66. Più chiaro di così.

La lenta agonia della sinistra italiana

Ciò che sta accadendo a Roma, ovvero l'espressione della deriva amorale del PD, forse non è ancora il colpo di grazia ma è sicuramente una ferita mortale. L'erede di quel PCI che è stato per 70 anni forza di "lotta" e per un breve periodo anche "di governo" sta arrivando al capolinea come era prevedibile.
In quanto forza il cui scopo è stato, storicamente, quello di socializzare le masse alla politica e di permettere alle stesse di accedere ad un più alto tenore di vita ha raggiunto il suo scopo già da tempo. L'elettore del PCI, ventenne e rivoluzionario nel '68, è diventato oggi un tranquillo borghese ultrasessantenne, possidente, garantito e forse anche acculturato. I suoi valori restano forse quelli di allora ma i suoi interessi nel frattempo sono cambiati a causa del fatto che oggi ha qualcosa da difendere: il proprio tenore di vita. Chi durante questi anni non ha ottenuto quell'agognato benessere ha lasciato da tempo il PD rifugiandosi nei partiti scissionisti e massimalisti sorti ad ogni tornata elettorale dal 1989 in poi. Oggi, orfano anche di quell'opzione elettorale identitaria, si è spinto fino all'area del non voto. Nel frattempo il PD ha perso l'occasione di mutare la sua forma in un moderno partito socialdemocratico di stampo europeo e si è accontentato di "amministrare" l'esistente senza più alcuna spinta ideale. Persa questa, oggi quel partito è ostaggio di ras locali, quelli che un tempo si chiamavano "cammellieri" o portatori di voti che usano la forma delle idee di sinistra, svuotandole della sostanza. Quei voti sono oggi necessari al PD per rimanere al potere e chi li porta viene accettato dai dirigenti nazionali come un male (o un bene) necessario e imprescindibile, per cui non si va tanto per il sottile di fronte a certe candidature,come il caso De Luca in Campania insegna.
L'idea comunista, fortunatamente, è morta di asfissia in quanto irrealizzabile senza una coercizione dittatoriale capace di imporne i dogmi a individui che tendono per natura alla ricerca di una affermazione personale.
Il rischio è che, morto il PD, possa sparire dall'orizzonte politico anche una concezione socialista della politica e della società. Pur non essendo mai stato comunista in vita mia, nè possa definirmi "di sinistra", non posso che dirmi preoccupato di un simile scenario. Una società senza un fondamento di solidarietà,senza un senso di condivisione dei beni comuni e necessari, senza alcun meccanismo di sostegno per chi momentaneamente si trova in difficoltà, essa diventa un'arena di lotta egoistica e cinica. Questo tipo di società è stato il modello in auge prima della crisi del '29, allorchè in Europa ed in America (il New Deal di Roosevelt è stato un socialismo light in salsa americana) i governi dell'epoca hanno dovuto fronteggiare la minaccia di enormi masse proletarie impoverite, arrabbiate e pronte a seguire le sirene marxiste minando i sistemi aristocratico-liberali dell'epoca.
Personalmente credo che il Movimento 5 stelle possa raccogliere oggi parte di quell'eredità coniugando solidarietà (reddito di cittadinanza) , principi di comunità (il sostegno ai beni necessari come l'acqua), economicismo antiliberista (opposizione alla liberalizzazione selvaggia di alcune attività economiche come elettricità o idrocarburi) con quei principi liberali che permettono alle persone di realizzarsi (sostegno alle PMI e all'autoimpresa) e impediscono allo Stato di dominare le vite dei cittadini (lotta alla Casta e alla burocrazia asfissiante).
E allora, nel gettare via il bambino (Renzi) con l'acqua sporca (il PD e ciò che resta di FI) cerchiamo di non buttare via anche il sapone. Il sapone è in questo caso è la concezione "sociale" della politica, che non va confusa con la difesa dei diritti di gruppi di minoranze. E' l'idea che la società è molto di più che non la mera somma di individui e contemporaneamente che questi non siano "uomini massa" ma il motore stesso di questa società con i loro interessi, i loro valori profondi e le loro conquiste.Solidarietà e Opportunità, Socialismo e Liberalismo. Davvero insieme non si può? Siamo nel 2015, riparliamone.