Il libro intende mettere in luce gli scenari geopolitici che l'eventuale stipula del TTIP genererebbe. Storicamente la frontiera della Russia è stata la frontiera dell'Europa, concepita come un'area a maggioranza latina e cristiana opposta ad una slava ed ortodossa . Durante i secoli lo spazio che va dall'Adriatico all'Ucraina, da Tallinn ad Atene passando per la Polonia è stato conteso tra Russia e Germania, ma ora quest'ultima è "ingabbiata" nell'Unione Europea.
Sin dalla nascita della disciplina geopolitica tutti gli autori hanno rilevato come proprio quello spazio Mitteleuropeo o dell'Est Europa, sia stato al contempo l'obiettivo tanto delle due potenze continentali quanto di quelle atlantiche, capitanate dagli Stati Uniti. Il TTIP si propone di creare un'area economica, politica e nel lungo periodo, sociale, dagli esiti imprevedibili. Proprio in Germania l'opposizione è più forte poichè è la Nazione che si pone in diretta competizione con gli Stati Uniti per livello di tecnologia. Il livellamento del terreno che il TTIP propone, avvantaggia le aziende USA contro quelle tedesche e riduce il vantaggio tecnologico di queste ultime. Questo è solo uno dei punti che restano aperti nei negoziati che si susseguono incessanti, disturbati da qualche stop & go sottogovernativo. Anche la Francia ha molto da perdere dai termini del trattato, in special modo per quanto riguarda le sue aziende pubbliche. L'Italia deve temere la distruzione dei marchi protetti e la futura sparizione di sussidi europei all'agricoltura, oltre all'introduzione di sementi e chimica ora vietati. L'Inghilterra, allo stato attuale, si è sfilata dall'accordo. In quanto membro dimissionario dall'UE, gli accordi non si applicheranno alla sua legislazione, che continuerà a venire regolata bilateralmente.
Se il TTIP si concretizzerà si aprirà il dibattito sull'adesione alla NATO ed all'UE di tutte le Nazioni che ora fanno parte dell'una o dell'altra istituzione ma non di tutte contemporaneamente. Alcune di esse hanno ancora forti legami economici e culturali con Mosca. Dobbiamo forse aspettarci nuovamente una guerra nei Balcani o sul Baltico?
Ed inoltre, conviene realmente alle Nazioni europee legarsi agli USA ora che il Grande Oriente Cinese si è risvegliato e accentra su di sè attenzioni e investimenti?
La Cina esclusa dal TPP e la Russia esclusa dal TTIP potrebbero legarsi tra loro in chiave anti-americana e sfidare lo status quo?
Alcune delle risposte sono possono giungere dalle riflessioni di Huntington, Fukuyama, Dugin, Luttwak o Lacoste e servire come paradigma per comprendere un momento focale della continua trasformazione delle relazioni internazionali e per ipotizzarne i futuri sviluppi.
Un estratto dal libro.
Il Trattato di Partnership Commerciale Transatlantica (TTIP), attualmente in discussione ai più alti livelli tra Stati Uniti ed Unione Europea, ha come obiettivo quello di realizzare un mercato privo di dazi e barriere doganali tra le due sponde dell'Atlantico. Il trattato definisce anche un'armonizzazione degli standard produttivi e legislativi su diverse materie. Ciò potenzialmente può creare uno spazio chiuso o con alte barriere all'ingresso di nuovi paesi ma contemporaneamente un forte disincentivo nel non farne parte.
Il TTIP ha tutte le caratteristiche per “staccare” l'Europa occidentale dalla massa euroasiatica in termini commerciali ponendosi come nuovo aggregato geoeconomico quasi autosufficiente e potenzialmente autarchico ma alcuni autorevoli commentatori internazionali suggeriscono che la dimensione della sicurezza non debba essere trascurata ed è perciò necessario sostenere l'allargamento ed il rafforzamento della NATO parallelamente all'applicazione del Trattato. Infatti i confini della NATO e dell'UE (quale firmataria del TTIP) non coincidono.
Quali implicazioni potrebbe avere questo fattore sull'applicazione del trattato sulle nazioni che entreranno a posteriori nell'EU ma sono già oggi membri della NATO? E quali per quelle nazioni che hanno fatto richiesta di ingresso nell'UE ma non sono membri della NATO avendo forti legami economici e culturali con Mosca?
Il TTIP ha perciò un contenuto geopolitico intrinseco che va oltre l'aspetto economico, tanto che questo potrebbe sembrare più un mezzo che un fine. L'obiettivo recondito sarebbe quello di creare un'unica comunità politica occidentale euro-americana fondata sui valori liberali e sulla propria
specifica civiltà come messo in luce da Samuel Huntington ne Lo Scontro di Civiltà. È quindi importante comprendere che l'approvazione del TTIP potrebbe creare un nuovo attore sovranazionale il cui impatto geopolitico sarebbe certamente foriero di nuovi scenari
La stipula di un trattato che coinvolge le due aree economiche più ricche del pianeta, le cui valute sono il fondamento del sistema internazionale, legate da reti economiche e telematiche fitte e concatenate, in cui si concentrano tanto i capitali più vasti quanto la forza militare più ampia e potente della Storia, la NATO, è di per sé un fatto geopolitico secondo qualsiasi dottrina geopolitica.
Il TTIP è infatti un evento tanto importante quanto le sorti della guerra in Siria, la sfida dell'ISIS o l'evoluzione della crisi in Ucraina. Esso è foriero di un possibile nuovo ordine stabile o forse solo l'ennesimo elemento di un assetto in continuo mutamento nei rapporti internazionali.
A partire dal 1989 ad oggi, l'obiettivo politico degli Stati è di partecipare alla competizione nel commercio globale. La geopolitica diviene geo-economia. Il concetto di frontiera fisica, fondamento dell'autorità dello Stato, è stato rimpiazzato da quello di interconnessione e di integrazione. Le merci e i capitali devono poter fluire dentro e fuori gli stati per permettere al sistema di funzionare.
Il soft power affianca, e in certi casi sostituisce, l'hard power nella gestione della politica estera. In questa fase infatti, il mercato internazionale è più integrato che mai e tutte le nazioni che vi partecipano hanno abbandonato un'ottica ideologica in materia economica. La sopravvivenza delle nazioni è sempre più influenzata dalle variazioni dei mercati finanziari e l'economia è il “driver” principale che decide la sorte anche politica dei cittadini del mondo.
Le economie asiatiche, la Russia, il Brasile e l'India insidiano il primato occidentale in molti mercati e la loro quota di potere economico influenza politicamente diversi paesi in ogni continente. Le nazioni occidentali mantengono ancora il controllo dei regolamenti internazionali (World Bank, FMI, ONU, Dollar Standard, ecc..) ma devono necessariamente cedere quote di potere al crescente peso dei “nuovi arrivati”. Gli ultimi 5 lustri hanno visto la realizzazione di un sistema finanziario-industriale altamente integrato che permette ai grandi capitali finanziari di fluttuare da un circuito economico ad un altro, dalle obbligazioni statali alle borse valori, dai futures sulle merci a quelli sul petrolio e le materie prime in maniera pressoché immediata.
Tutto ciò crea un ambiente nuovo su cui agire e permette a quei capitali di divenire una leva per influenzare nelle loro decisioni le nazioni in cui quei capitali si riversano. Quei capitali finanziano, ad esempio, la costruzione di condutture per il petrolio o per il gas che corrono attraverso diverse nazioni dal luogo di estrazione al mercato di utilizzo finale. Inutile dire che queste infrastrutture creano legami geopolitici e sono oggetto di geopolitica dalla fase della loro ideazione fino alla loro realizzazione e messa in opera.
Consideriamo poi i traffici commerciali su terra e via mare, che sono sviluppati come mai lo erano stati in precedenza. Le rotte commerciali che si dispiegano su tutti i mari hanno bisogno di una rete di sicurezza che impedisca loro di essere interrotte da guerre o pirateria. Questo viene garantito da un controllo internazionale sui punti nodali dei traffici come Suez, Malacca, Aden e il Mar Rosso o le coste a sud dello Sri Lanka che è ovviamente oggetto di analisi geopolitica . Che dire poi del sistema di produzione globalizzato che permette ad un prodotto ideato negli Stati Uniti di essere realizzato in Cina o in Vietnam per essere poi recapitato via mare ad un acquirente europeo? Quanto la geopolitica entra nelle considerazioni degli investitori internazionali per determinare la locazione di uno stabilimento o l'apertura di un nuovo mercato per loro prodotti?
Sebbene la conflittualità internazionale sia stata fino a 25 anni fa governata da considerazioni politiche e ideologiche, le guerre del futuro saranno prevalentemente combattute per il possesso e il controllo di beni economici vitali, di risorse necessarie per il funzionamento delle moderne società industriali e per la conquista di mercati di sbocco stabili e regolamentati.
Non necessariamente il conflitto si espliciterà in forma armata ma sarà implicito nella stipula di trattati commerciali internazionali, come il TTIP o il TPP , che vincoleranno le nazioni all'appartenenza a sistemi economici esclusivi, anche se potrebbero altresì essere oggetto di scontro
i territori soggetti al transito delle linee energetiche e logistiche con conseguenti ripercussioni in termini politici, sociali ed economici. (Continua a leggere...)
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