Il 29 marzo scadrà il termine che EU e
Gran Bretagna si sono date per attuare la cosiddetta Brexit.
Al momento si profila un'uscita senza
accordo sui futuri rapporti tra le parti, in particolare su dazi e
tariffe, status dei rispettivi cittadini espatriati e sul nodo della
frontiera tra Eire e Irlanda del nord. Le ultime notizie parlano di
un possibile slittamento al 2021 per aver più tempo per un accordo
ma i nodi da sciogliere sono intricati. Nissan e Honda hanno espresso
la volontà di chiudere gli stabilimenti in GB in caso di No-Deal
(nessun accordo), in quanto le barriere tariffarie per esportare in
EU le loro auto le renderebbero troppo care; meglio spostare gli
impianti sul suolo europeo. Anche alcune istituzioni finanziarie
potrebbero lasciare Londra per Francoforte così come qualche azienda
di alta tecnologia. Non è secondario, poi, che l'isola importi buona
parte di quanto consuma proprio dall'Europa e che senza di essa non
sarebbe autosufficiente in campo alimentare e farmaceutico. Il punto
più difficile è quello relativo alla frontiera tra Irlanda del Nord
ed Irlanda poichè implicherebbe la costruzione di una barriera che
nessuna delle due parti vuole. Si prospetta quindi uno status
speciale che porterebbe alla nascita di una zona franca in cui
varrebbe la doppia circolazione di Euro e Sterlina. Un attentato
nell'Ulster, qualche settimana fa, ha ricordato a tutti che il
rischio di un ritorno alla guerriglia tra cattolici ed unionisti non
è così remoto e che una soluzione di buon senso è interesse di
tutti. Anche la Scozia è un problema poichè è nota la sua volontà
di indipendenza da Londra e la Brexit potrebbe portare ad un secondo
referendum per ottenerla. La premier Theresa May è assediata dal suo
partito, dall'opposizione laburista e dai vertici dell'EU. Il suo è
un compito improbo ma è risoluta nel far uscire comunque la GB
dall'UE. Se gli inglesi non sono soliti fare salti nel buio, questa
fretta indica che per loro è proprio una questione vitale.
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