Perchè Ordine e Progresso?

Il Blog prende il nome dal motto inscritto sulla bandiera del Brasile e mutuato da un'aforisma di Auguste Comte.
Questi, uno dei padri della Sociologia, era una convinto positivista, il che nel 1896 lo rendeva anche un progressista.
L'importante è , come infatti Comte mette al primo punto, che l'Amore sia sempre il principio cardine dell'Agire.


L'Amore per principio e l'Ordine per fondamento;il Progresso per fine

Auguste Comte ,1896

martedì 15 dicembre 2015

La Francia non svolta, niente di nuovo sul fronte occidentale.


Domenica 13 Dicembre, ad un mese esatto dagli attentati di Parigi, si è svolto il ballottaggio per le elezioni regionali in Francia. Il Front National (FN) di Marine Le Pen, sebbene fosse in vantaggio al primo turno in 7 regioni, non ne ha conquistata nessuna. Ciò è accaduto in quanto il Partito Socialista (PS) di Manuel Valls e il centrodestra (Republicains-UMP) di Nicholas Sarkozy hanno messo in pratica una desistenza reciproca mirata a conquistare la vittoria a scapito del candidato del FN. In Italia lo chiameremmo un “biscotto”. PS e UMP si sono suddivise quasi equamente le presidenze, 7 per l'UMP e 5 per il PS , relegando ovunque il FN all'opposizione. Fin qui la stretta cronaca.

Subito dopo la fine dello spoglio dei voti sono partite però le analisi e le dichiarazioni dei leader. Un po' come accadeva in Italia ai tempi del sistema elettorale proporzionale, hanno vinto tutti. Ha vinto Sarkozy, che può ora proporsi come l'anti Le Pen per far confluire su di sé i voti degli elettori di destra meno estremi. Ha vinto la Francia, ha vinto la Repubblica, secondo i titoli dei grandi giornali francesi, in quanto la minaccia di un'ascesa lepenista è stata fermata. Ha vinto anche il FN che continua la sua crescita e si propone come il primo avversario del ballottaggio per l'Eliseo nel 2017. In merito Jacques Sapir scrive: “Queste elezioni sono solo in apparenza una battuta d’arresto per il Front National. Di fatto nasconde un reale successo. In numero di voti, fra il primo e il secondo turno il Front National ha segnato un significativo progresso. Ha superato il numero di suffragi espressi nelle elezioni presidenziali del 2012, con un tasso di astensione che è aumentato. Soprattutto ha decisamente aumentato il numero di consiglieri regionali (oltre 350) beneficiando così della manna finanziaria [finanziamento ai partiti, N.d.T.] e del radicamento che ne deriva. Non è cosa da poco, e stupisce il fatto che molti opinionisti non ne facciano cenno. ” 1. Non ha perso il PS che però ha approfittato dell'ondata emotiva seguita agli attentati di Parigi e all'aumento del gradimento per Hollande. Indubbiamente la Politica Nazionale ed Internazionale hanno avuto un grande peso nella campagna elettorale sebbene si trattasse di elezioni Regionali.

L'alleanza, tacita o meno, tra PS e UMP ha fatto dire a Marine Le Pen subito dopo il voto: “Siamo la prima forza d’opposizione, in molte zone abbiamo estirpato i socialisti, il tripartitismo è diventato bipartitismo, i mondialisti contro noi patrioti. [...]”2. La Le Pen ha quindi identificato il blocco elettorale tra PS e UMP come un'unione di forze mondialiste (quindi, in potenza, antifrancesi) coalizzate fra loro per scongiurare la vittoria dei Veri Francesi, dei Patrioti, del Front National. Al primo turno aveva esclamato “E' la rivolta del Popolo contro le Elite”3. Il copione è lo stesso ma l'esito non è stato quello sperato. Al di là del risultato, il punto è che lo slogan della deputata francese corrisponde ad un modello interpretativo che nel tempo ha dato vita a nuove formazioni politiche in altre nazioni come la Spagna con Podemos e Ciudadanos, in Germania con Alternative Fur Deutschland, in Finlandia con i True Finnish e in Italia con il Movimento 5 Stelle.

Tutti questi movimenti hanno in comune tra loro l'opposizione ad una classe politica e burocratica nazionale percepita come una “casta”, l'opposizione all'Euro e a tutto ciò che l'appartenenza alla moneta unica porta con sé, l'accusa al capitalismo bancario di servire interessi di pochi a scapito della società nel suo complesso e il tentativo di fermare la deriva neoliberista delle società occidentali sebbene rispetto a tutti questi il FN sia ancora venato di un forte nazionalismo. Marine Le Pen aderisce a questa visione e, dopo aver sfrondato la sua ala estrema, rimasta con il fondatore Jean-Marie Le Pen, oggi si propone come la paladina delle classi medie impaurite e impoverite e dei francesi che vedono sparire il lavoro.

La contrapposizione Destra-Sinistra in tutta Europa sta lasciando il campo ad una nuova forma, se vogliamo “neoclassista”, della contrapposizione politico-sociale in cui la dicotomia è oggi rappresentata da una classe mondialista e cosmopolita composta da imprenditori, finanzieri, politici, corporations, fondi sovrani, conti alle Cayman, ecc da una parte e il resto della popolazione dall'altra. Se proprio non è il 99% contro l'1% non vi si discosta molto. Una tale rappresentazione del conflitto politico-sociale ricalca in parte quella esposta da Alexander Dugin4 nel 2012 nel saggio “La Quarta Teoria Politica”. Il politologo, filosofo, geopolitico russo ha dato strutturazione filosofica a questo processo che nel corso degli anni 2000 aveva già descritto come rappresentazione della strenua lotta dei popoli per contrastare la spinta omologatrice del “progresso liberista” e del suo pensiero unico.

Peraltro alcuni notisti politici5 hanno anche fatto notare la vicinanza “ideologica” tra la Russia di Putin e il FN in Francia o il tono benevolo di alcuni post sul blog di Beppe Grillo in merito alle azioni russe in Siria. Dugin non è anti democratico ma fortemente anti liberale. Egli sin dalle prime battute afferma che il liberalismo abbia fatto di tutto per assicurare il collasso della politica6. In quanto dottrina politica il liberalismo è passato dal livello di idea, programma politico e dichiarazioni ad un livello di realtà infusa dei suoi principi, scansando tutte le possibili alternative e rendendosi di fatto l'unico ordine di cose possibili 7.

Avendo sconfitto tutte le altre dottrine politiche come il comunismo, il fascismo ed il nazionalismo il liberalismo si pone oggi come uno stile di vita; la politica diventa così bio-politica agendo a livello individuale e sub-individuale 8. Secondo l'autore non c'è che un modo per reagire a questa deriva, ovvero rigettare le teorie politiche classiche, sconfitte dalla Storia, e fondarne una nuova che integri il meglio da esse proposto ed elimini gli aspetti devianti che le hanno portato alla disfatta. Pertanto per giungere alla formulazione di una Quarta Teoria Politica che superi le prime tre, liberalismo, comunismo e fascismo è necessario9 riconsiderare la storia politica dei secoli recenti a partire da una nuova posizione che superi gli schemi propri delle vecchie ideologie e prendere coscienza dell'attuale struttura della società globale che va emergendo.

Decifrando correttamente il paradigma della post-modernità si dovrà imparare ad opporre non tanto le idee politiche, i programmi o le strategie quanto la obiettiva realtà dell'attuale frammentata e apolitica post-società globale. Infine, quindi, costruire un modello politico che offra una nuova visione del mondo.
Secondo Dugin, la “Fine della Storia” prospettata da Fukuyama è giunta, l'economia ha sostituito la politica sotto forma di mercato capitalista globalizzato e gli stati si stanno dissolvendo nel “meltin' pot” della globalizzazione10. Il liberalismo diviene allora post-liberalismo. Senza una dimensione politica esso cessa di essere una libera alternativa ma diviene una sorta di destino storicamente deterministico (economics as destiny)11.

Politicamente non è possibile determinare una destra ed una sinistra all'interno del panorama post-liberale. Dugin afferma che esistano solamente due posizioni: il centro (compiacenza) e la periferia (dissenso) entrambe applicabili a livello globale12. La suddivisione interna tra partiti di centrosinistra o centrodestra è perciò fittizia e funzionale a mantenere sotto controllo l'azione dei governi verso il fine mondialista. Politicamente, quindi, è necessario formare un fronte comune tra sinistrorsi, seguaci della nuova destra, movimenti religiosi ed altri movimenti anti-modernisti come ad esempio gli ecologisti o i verdi.
In definitiva Dugin definisce il liberalismo nella sua forma attuale “una forma di dittatura globale, incarnata da una potenza, gli Stati Uniti, che pretende di decidere chi è nel giusto e chi non lo è e perciò chi dovrebbe essere punito per questo”13. I valori occidentali fungono da termine di paragone e pretendono di essere universali ma sono in realtà una forma di aggressione ideologica contro la molteplicità di culture e tradizioni ancora esistenti nel mondo. In definitiva Dugin non costruisce la sua teoria in maniera positiva ma negando quegli elementi delle tre precedenti teorie che si sono dimostrate fallimentari e ne hanno determinato la sconfitta storica: “La Quarta Teoria Politica non indica cosa essa sia ma cosa in realtà non sia”14.


Le elezioni appena svolte hanno dimostrato che il FN non può vincere al secondo turno perchè non ha possibilità di allearsi con nessuno e che deve fare di tutto per conquistare il 50,1% al primo. I prossimi due anni ci diranno se le operazioni di “erosione” del voto di destra da parte di Sarkozy, o chi per esso a destra, avranno avuto successo e se il PS troverà un candidato forte e credibile per la successione ad Hollande (sarà dura risalire dall'attuale 20% di gradimento in due anni per ottenere l'investitura alle presidenziali come candidato socialista). Politicamente potrebbe essere maggiormente danneggiato da Sarkozy ma la gestione delle crisi internazionali, attualmente in mano ad Hollande, può influire sulla “narrativa” che la Le Pen potrà mettere in campo.
Al momento, nell'ottica di Dugin, la Compiacenza vanta il 70% dei consensi contro il 30% del dissenso. Ancora altri due anni di questa crisi infinita e di attentati suicidi potrebbero invertire quelle percentuali.
E se la Francia cambia rotta, ça va sans dire, lo fa anche l'Europa. 

Note:
 
1http://russeurope.hypotheses.org/4557 in http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15992
2http://www.lastampa.it/2015/12/14/esteri/nel-suo-feudo-al-nord-marine-prepara-la-riscossa-sabotati-ci-rifaremo-HPr2kSKxSGhrM9balY9N2O/pagina.html
3http://www.affaritaliani.it/esteri/francia-le-pen-rivolta-del-popolo-contro-le-elite-i-socialisti-ritirano-i-candidati-396572.html
4Alexander Dugin è nato a Mosca nel 1962. Laureato in filosofia, è stato giornalista durante gli anni di Breznev e co-fondatore nel 1993 del Partito Nazional Bolscevico insieme al politologo Eduard Limonov. In seguito è stato animatore e finanziatore del Partito Eurasia (poi Movimento Eurasiatista) nei primi anni del 2000. La geopolitica è il suo principale interesse e in questo campo egli diverrà un influente consigliere del Presidente russo Vladimir Putin durante gli anni della sua prima presidenza. Il suo saggio del 1997 Le basi della Geopolitica è stato anche adottato come libro di testo dall'Accademia Militare Russa
5http://www.iltempo.it/esteri/2015/12/09/marine-e-putin-uniti-contro-le-elite-1.1487597
6Alexander Dugin, La Quarta Teoria Politica, Arktos Media, 2012, p.12
7 Ibidem.
8Ivi p.13.
9Ivi p. 14
10 Ivi p. 19
11 Ivi p. 19
12 Ivi p. 22
13 Ivi p. 193 . In più di un'occasione i presidenti americani Reagan, Bush e Obama hanno accusato la Russia di essere “dalla parte sbagliata della Storia”
14 Ivi p. 196

martedì 8 dicembre 2015

L'Est Europa Tra incudine europea e martello Russo-Turco

In Polonia si sono appena svolte le elezioni nazionali e il partito Diritto e Giustizia (PiS) le ha vinte con il 39% dei volti. Il governo uscente ha preso il 24%. Ovviamente è già stato etichettato come “ partito ultranazionalista, populista ed euroscettico” dalla stampa italiana ed internazionale secondo un ben noto clichè. L'eurocrazia vede come fumo negli occhi qualsiasi forma di nazionalismo, anche la più blanda. L'accusa di populismo viene di conseguenza. Sull'accusa di euroscetticismo non c'è invece nulla da eccepire visto che la Polonia non adotta l'Euro e non sembra neanche tentata più dal farlo. La Polonia viene già affiancata alla “terribile” Ungheria di Orban ma presto altre nazioni potrebbero seguirle in questa nuova lista di proscrizione compilata a Washington e Bruxelles. Inoltre manifesta una comunanza di vedute anche con Serbia, Croazia e Slovenia sulla questione dei migranti. Sebbene infatti la Polonia non sia interessata dal flusso diretto dei profughi e dei migranti è però investita dalla richiesta europea affinché si faccia carico di una quota di essi. E' comunque tutta l'area centro-europea ad essere più che mai al centro di tensioni geopolitiche di cui le carovane di migranti provenienti dal medio oriente e dalla Turchia sono più un effetto che una causa. L'area ha diversi punti fermi di natura militare, economica e politica che la rendono rigida e fragile allo stesso tempo. Un po' come accade alla ghisa, capace di resistere a notevoli pressioni ma anche di andare in frantumi sotto un colpo ben assestato. E' rigida nella sua impostazione filo-atlantista e antirussa dettata dalla partecipazione alla NATO di quasi tutte le nazioni che la compongono. E' rigida anche nei confronti dell'Unione Europea con la quale ha il maggior interscambio commerciale e della quale segue le decisioni politiche, anche se non sempre del tutto convinta. E' fragile in quanto ancora troppo dipendente dalla Russia in campo energetico ed economico, come testimoniano i danni arrecati dalle contro-sanzioni russe al commercio della Polonia o della Repubblica Ceca. Ha però un'enorme punto di forza: la sovranità economica. A parte Slovacchia e Slovenia le altre nazioni dell'ex blocco socialista hanno mantenuto la propria moneta sebbene alcune di esse abbiano intrapreso le procedure per adottare l'Euro. In un epoca di governo economico, i diktat politici si possono anche sfidare se si ha un'alternativa. Se però da una parte c'è l'Euro, con le sue dure leggi di austerità e pareggio di bilancio, dall'altra parte l'alternativa può essere il Rublo? Da tempo Mosca cerca di aggirare l'uso del dollaro nelle transazioni internazionali ed inoltre la recente minaccia di espellere la Russia dal circuito SWIFT ha portato ad un ritorno alle transazioni in rubli con paesi extra UE. La svalutazione della moneta russa ha avuto un però un forte impatto e la sua instabilità crea un elemento di incertezza nei rapporti economici con l'est Europa. Per tutti questi motivi quest'area è quindi il vero crocevia d'Europa, o per dirla con il celebre geografo Sir Harford Mackinder, dell'Eurasia. Fu infatti il geopolitico inglese nel 1919 ad affermare “ Chi controlla l'Europa dell'Est, comanda l'Heartland, chi comanda l'Heartland comanda l'isola mondo, chi comanda l'Isola Mondo comanda il Mondo”. L'area che va dal Mar Baltico all'Adriatico e al Mar Nero è infatti al contempo una cerniera tra l'occidente cattolico e l'est ortodosso, tra un sud musulmano ed un nord cristiano. La cultura slava e quella latina coabitano ma per la maggior parte delle nazioni di questa parte d'Europa il trait d'union è ancora la matrice mitteleuropea retaggio dell'impero austroungarico. Quanto sono importanti le nazioni dell'est per l'Unione Europea ,e sottinteso per gli Stati Uniti? Quanto lo sono per la Russia? Quanto ancora si potrà sperare nella benevolenza turca nel trattenere i profughi che attraversano il suo territorio con il desiderio di andare in Germania o in Svezia? La geopolitica è tornata in forze nelle analisi sull'attuale situazione nell'est Europa, poiché non vi è , e non potrebbe esservi, una chiave di lettura univoca per ciò che sta accadendo politicamente. Nei confronti di alcuni paesi, come i Baltici o la Polonia , si sta agitando lo spettro russo, con annesso panorama ucraino fatto di invasioni e partizioni. Dall'altra però ungheresi e, probabilmente nei prossimi mesi, polacchi gradiscono l'interpretazione “sovranista” data da Putin all'intervento in Siria. Secondo quest'ultimo, infatti, Bashar Al Assad rappresenta il legittimo governo siriano, quindi la Russia interviene per ripristinare la legalità dietro sua esplicita richiesta. Il governo uscito dalle urne è perciò l'unico autorizzato a governare e non ci sono rivoluzioni colorate che tengano. Una bella assicurazione sulla vita per quei governi che anche in Europa vogliono continuare a mantenersi il più possibile indipendenti dal pensiero unico econo-tecnocratico. C'è poi il fattore G. La Germania è il vero dominus dell'area e probabilmente se oggi non esistesse l'Euro sarebbe il Marco la moneta da Stettino ad Atene. I tedeschi tengono particolarmente al loro “giardino di casa” forse più che al resto d'Europa. I disaccordi con gli USA circa la gestione della questione ucraina e le aperture a Putin sull'intervento in Siria stanno segnalando la volontà tedesca di non cedere alla volontà di Washington di isolare la Russia. La Germania è il primo esportatore in quel paese e non vuole certo perderlo così come non vuole perdere l'influenza che ha nei paesi dell'est Europa. Anche l'Italia, per voce del suo primo Ministro, ha fatto notare che le sanzioni alla Russia danneggiano particolarmente il proprio commercio estero ma la linea dura di Washington non permette deviazioni. Al momento le sanzioni europee sono garantite fino al gennaio 2016 ma è già in vista un prolungamento. Le controsanzioni russe termineranno a giugno dell'anno entrante. Ad oggi, quindi, l'area che va dalla Germania alla Grecia, se non alla Turchia, è parzialmente separata economicamente dalla Russia a causa di sanzioni e controsanzioni e contemporaneamente molti dei paesi che la compongono hanno frizioni con l'UE sia in merito alla gestione dei profughi sia per quanto attiene a materie economiche. Pensiamo a Grecia, Ungheria, Polonia, Slovenia, Croazia. La svolta nazionalista della Polonia dopo quella ungherese e quella, estrema, dell'Ucraina, è parte di una reazione delle opinioni pubbliche est europee di fronte ai problemi posti dall'appartenenza all'Unione Europea da un lato e dal risveglio della ricerca identitaria di fronte all'invasione che proviene dal meridione islamico. La Russia ha ancora una forte influenza in tutta l'area e gradisce le rivendicazioni nazionaliste ed i partiti che le propugnano. Estremizzando, ma non troppo, possiamo ipotizzare di essere in una fase pilota del TTIP, con la Russia esclusa dall'area economica europea, Italia e Germania, che dal trattato non avrebbero molto da guadagnare, insofferenti ed i paesi est europei in preda ai dubbi.In 25 anni i cittadini delle nazioni est-europee sono passate dal comunismo al liberalismo, dal Patto di Varsavia alla NATO dal Rublo all'Euro, dall'Unione Sovietica all'Euro. Ovviamente ognuno di questi passaggi ha lasciato perlomeno qualche dubbio nelle opinioni che questi cittadini si sono fatti circa il percorso fatto sinora. In Repubblica Ceca alle ultime elezioni del 2013 il secondo partito dopo quello Socialdemocratico, primo con il 20,46 dei consensi è stato il “Partito dei cittadini insoddisfatti” con il 18,66. Più chiaro di così.

La lenta agonia della sinistra italiana

Ciò che sta accadendo a Roma, ovvero l'espressione della deriva amorale del PD, forse non è ancora il colpo di grazia ma è sicuramente una ferita mortale. L'erede di quel PCI che è stato per 70 anni forza di "lotta" e per un breve periodo anche "di governo" sta arrivando al capolinea come era prevedibile.
In quanto forza il cui scopo è stato, storicamente, quello di socializzare le masse alla politica e di permettere alle stesse di accedere ad un più alto tenore di vita ha raggiunto il suo scopo già da tempo. L'elettore del PCI, ventenne e rivoluzionario nel '68, è diventato oggi un tranquillo borghese ultrasessantenne, possidente, garantito e forse anche acculturato. I suoi valori restano forse quelli di allora ma i suoi interessi nel frattempo sono cambiati a causa del fatto che oggi ha qualcosa da difendere: il proprio tenore di vita. Chi durante questi anni non ha ottenuto quell'agognato benessere ha lasciato da tempo il PD rifugiandosi nei partiti scissionisti e massimalisti sorti ad ogni tornata elettorale dal 1989 in poi. Oggi, orfano anche di quell'opzione elettorale identitaria, si è spinto fino all'area del non voto. Nel frattempo il PD ha perso l'occasione di mutare la sua forma in un moderno partito socialdemocratico di stampo europeo e si è accontentato di "amministrare" l'esistente senza più alcuna spinta ideale. Persa questa, oggi quel partito è ostaggio di ras locali, quelli che un tempo si chiamavano "cammellieri" o portatori di voti che usano la forma delle idee di sinistra, svuotandole della sostanza. Quei voti sono oggi necessari al PD per rimanere al potere e chi li porta viene accettato dai dirigenti nazionali come un male (o un bene) necessario e imprescindibile, per cui non si va tanto per il sottile di fronte a certe candidature,come il caso De Luca in Campania insegna.
L'idea comunista, fortunatamente, è morta di asfissia in quanto irrealizzabile senza una coercizione dittatoriale capace di imporne i dogmi a individui che tendono per natura alla ricerca di una affermazione personale.
Il rischio è che, morto il PD, possa sparire dall'orizzonte politico anche una concezione socialista della politica e della società. Pur non essendo mai stato comunista in vita mia, nè possa definirmi "di sinistra", non posso che dirmi preoccupato di un simile scenario. Una società senza un fondamento di solidarietà,senza un senso di condivisione dei beni comuni e necessari, senza alcun meccanismo di sostegno per chi momentaneamente si trova in difficoltà, essa diventa un'arena di lotta egoistica e cinica. Questo tipo di società è stato il modello in auge prima della crisi del '29, allorchè in Europa ed in America (il New Deal di Roosevelt è stato un socialismo light in salsa americana) i governi dell'epoca hanno dovuto fronteggiare la minaccia di enormi masse proletarie impoverite, arrabbiate e pronte a seguire le sirene marxiste minando i sistemi aristocratico-liberali dell'epoca.
Personalmente credo che il Movimento 5 stelle possa raccogliere oggi parte di quell'eredità coniugando solidarietà (reddito di cittadinanza) , principi di comunità (il sostegno ai beni necessari come l'acqua), economicismo antiliberista (opposizione alla liberalizzazione selvaggia di alcune attività economiche come elettricità o idrocarburi) con quei principi liberali che permettono alle persone di realizzarsi (sostegno alle PMI e all'autoimpresa) e impediscono allo Stato di dominare le vite dei cittadini (lotta alla Casta e alla burocrazia asfissiante).
E allora, nel gettare via il bambino (Renzi) con l'acqua sporca (il PD e ciò che resta di FI) cerchiamo di non buttare via anche il sapone. Il sapone è in questo caso è la concezione "sociale" della politica, che non va confusa con la difesa dei diritti di gruppi di minoranze. E' l'idea che la società è molto di più che non la mera somma di individui e contemporaneamente che questi non siano "uomini massa" ma il motore stesso di questa società con i loro interessi, i loro valori profondi e le loro conquiste.Solidarietà e Opportunità, Socialismo e Liberalismo. Davvero insieme non si può? Siamo nel 2015, riparliamone.

sabato 28 novembre 2015

Ordine, ad ogni costo

Quando si parla di Ordine Internazionale o di Nuovo Ordine Mondiale subito si pensa a tesi complottiste.
Questo perchè al termine della Guerra Fredda è venuto a mancare un archetipo di entità maligna onnipresente e capace di insinuarsi in tutti i gangli delle moderne società come si pensava fosse l'URSS.
Più realisticamente è venuto a mancare un ordine stabile, prevedibile sebbene manicheo: o con gli USA o con l'Unione Sovietica. Con il Bene o con il Male.
Dal punto di vista delle Relazioni Internazionali, quella bipolare è una delle possibili configurazioni dei rapporti tra potenze ma non l'unica. Al momento, anzi, risulta essere alquanto eccezionale.
Abbiamo assistito ad un momento unipolare spagnolo nel '500, che ha ceduto il passo al "Secolo d'Oro" olandese del '600. Poi è stata la volta della Francia e quindi dell'Inghilterra. Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale gli Stati Uniti hanno rafforzato la loro presenza internazionale al pari dell'URSS. Oggi si affaccia la Cina, o meglio si ri-affaccia dopo un sonno durato quasi tre secoli.
Tutte queste evoluzioni hanno rappresentato, di per sè, un susseguirsi di Ordini Mondiali relativamente al periodo storico e alle capacità tecnologiche del tempo. La Gran Bretagna tecnologicamente avanzata e potenza mondiale dell'800 controllava l'India rurale, feudale ed arretrata. Le condizioni seguenti il 1945 hanno portato ad un Nuovo Ordine in cui l'Inghilterra risultava vincente si, ma minoritaria. Non erano più i brigantini a mantenere l'Ordine Internazionale ma i missili balistici nucleari. L'India dichiarava l'indipendenza, nasceva il Pakistan e tutta l'area diveniva fonte d'instabilità più ampia. Non sempre, infatti l'Ordine che si vuole creare va a beneficio di tutti. L'attuale momento rappresenta l'ennesima scossa di assestamento di questo famigerato Nuovo Ordine Mondiale. Uno sciame sismico che dura da quasi 30 anni. Perchè in realtà è in continuo divenire. In questo periodo abbiamo assistito al cosiddetto momento unipolare americano e siamo ora giunti dinanzi alla prospettiva di un nuovo sistema multipolare. Ma realmente, ne esistono i presupposti? Sono in atto sforzi nella sua realizzazione? Realmente l'architettura internazionale può reggersi senza la colonna portante americana? In realtà quello che noi chiamiamo Mondiale è un Ordine che è tale solo a partire dalla fine del '600, ma anche da allora in poi è un Ordine largamente Regionale con presupposti globali in continua evoluzione. Non riusciamo a concepire un mondo multipolare perchè non ne siamo abituati o forse perchè, surrettiziamente, le centinaia di meeting internazionali tra capi di Stato ci hanno illusi che il sistema fosse inclusivo e consultivo se non proprio democratico. In realtà esso vive di contrapposizioni e non potrebbe essere altrimenti. L'Ordine di cui stiamo parlando è in realtà sempre un compromesso che è parte di un processo in continuo divenire, con momenti di egemonia che è sempre prima militare e solo dopo culturale o d'influenza. Il Soft Power si può utilizzare solo quando l'Hard Power non risulta più efficace nella risoluzione delle dispute internazionali o quando si ha un avversario con eguale Hard Power. Ma quando ci si chiama USA il dilemma non si pone. Il sistema è, come sempre, orientato al più crudo realismo e le forze in campo hanno agende ufficiali ed altre nascoste che rendono più difficile la lettura dei fatti geopolitici. 
Se suddividiamo in settori un planisfero possiamo notare che la dove esista una potenza stabile e stabilizzatrice non vi sono guerre, nè militari nè commerciali. E' così in tutta l'Asia dove, sebbene l'antagonismo tra la Cina e i suoi vicini sia foriero di continue tensioni sotterranee, non vi sono focolai di guerra nè problemi di natura commerciale. Anzi, la Cina è il centro di una serie di alleanze regionali che vanno dall'APEC all'ASEAN passando per la SCO e la NDB che la rendono il perno imprescindibile della stabilità di tutta l'area. E' in pace anche l'intera America Latina, dove anche gli ultimi conflitti interni alle nazioni andine e centroamericane si stanno risolvendo e anche Cuba e Stati Uniti hanno siglato una storica intesa. E' ovviamente in pace l'America del nord ed è curiosamente pacifica l'Africa se si escludono i casi, sembra senza soluzione, di Sud Sudan, Somalia ed Eritrea. Vi è poi un'area che dal 1945 non è mai stata completamente in pace ed  è quella che chiamiamo medioriente che va dall'Afghanistan alla Palestina, passando per l'Iran, l'Iraq, la Siria, l'Egitto sino all'Algeria.
Quest'area ha spesso portato disordine all'area immediatamente vicina, quella europea. Ciò a cui assistiamo oggi è qualcosa che anche solo cinque anni fa poteva risultare impensabile, ma a varie riprese le vicende mediorientali hanno visto come teatro l'Europa come a Monaco nel '72, a Ustica nell'80, a Lockerbie nell'88, a Roma nel 1985. E' un'area che senza l'impero Ottomano non ha più avuto un centro d'irradiazione di Ordine e si è sfaldato nelle sue componenti etniche e settarie. Esiste un'altra area, vicina a quella europea, che ha attraversato diversi Ordini negli ultimi due secoli. E' l'area est europea. E' la terra di scontro degli Imperi. Quello Asburgico, quello Polacco, quello Russo, quello Ottomano, quello Tedesco. Un'area martoriata dalla geopolitica per la quale l'Europa è entrata in guerra due volte negli ultimi cento anni; a causa della Serbia nel 1914 e per la Polonia nel 1939.Le due aree restanti, se escludiamo l'Oceania, pacifica quasi per definizione, sono quella europea e quella russa. la prima, essendo crocevia tra l'est e l'ovest e tra nord e sud, è di per sè instabile e ne ha dato prova lungo tutta la sua storia. Ha esportato tanto Ordine quanto Disordine. Ha distrutto altri Ordini e vi si è sostituita. E' stata scalzata da altri Ordini come nel caso americano o anche russo. Oggi è parte di un Ordine che dovrebbe e vorrebbe governare ma non sa ancora come. L'ultima area è la Russia, che in effetti non è un'area ma un'intera nazione. La più vasta nazione del globo. Una linea di confine ininterrotta che abbraccia l'intera massa euroasiatica dalla Finlandia alla Cina passando per l'Iran. Una Nazione sempre in guerra con il mondo se non con sè stessa, da tutti temuta ma necessaria ad ogni alleanza negli ultimi 400 anni. L'unica Nazione europea a confinare con gli USA, che però oggi la escludono dal TTIP per isolarla. L'unica con il coraggio, o la necessità, di agire nel pantano siriano ma sotto l'egida della Carta dell'ONU. Strani tempi quelli in cui la Russia si fa garnte delle regole internazionali. In altri tempi si sarebbe detto "E' la Geopolitica, stupido!", e vale anche oggi. L'Ordine Mondiale, in definitiva, è ancora ostaggio della dottrina realista delle Relazioni Internazionali con buona pace di Fukuyama, che infatti si è recentemente ricreduto rispetto ad alcune tesi contenute ne  "La Fine della Storia". La Fine è ancora abbastanza lontana e l'Ordine, per quanto Nuovo, è sempre quello, ovvero cercare di mantenere la situazione mondiale nel massimo ordine possibile per il maggior tempo possibile senza troppi dubbi morali. L'equilibrio di potenze è il sostrato su cui si fonda questo tipo di Ordine, poichè sebbene a prima vista sia ancora in atto una situazione unipolare, con gli USA quale Nazione con il maggior budget per la difesa della storia, il coordinamento con le altre potenze è essenziale. Altrimenti l'abbattimento del Sukhoi russo in Siria ad opera dei turchi sarebbe finito in ben altro modo. Era diritto della Russia rivendicare un'aggressione e dichiarare lo stato di guerra alla Turchia ma l'Ordine viene prima dell'Orgoglio e Putin e Lavrov questo lo sanno bene. I turchi hanno giocato sporco, e forse neanche per un loro interesse diretto, ma come detto questa è ormai una guerra in cui la procura è in bianco. Comunque credo sappiano chiaramente che  "Quando l'uomo con la pistola incontra l'uomo con il fucile, quello con la pistola è un uomo morto" ed i russi hanno molti fucili, di diversa natura e anche belli grossi. Il tavolo traballa ma non è ancora caduto.
L'Ordine che sta nascendo ha bisogno degli USA, della Russia, della Cina e di qualche nazione europea ma ha anche bisogno del Brasile, dell'Iran,del Sudafrica, della Nigeria, dell'India e dello Stato della  Città del Vaticano. Serve un salone piuttosto grande e ben attrezzato.

lunedì 23 novembre 2015

Convergenza Dissonante

Non sono anti-occidentale.
Non sono Terzomondista.
Non sono Buonista.
Sono in piena Dissonanza Cognitiva.
La politica estera da fine '800, coniugata con una retorica talmente orientata al "politicamente corretto" da essere controproducente per chi la usa, mi stanno rimbambendo.
Siamo sempre li. La Russia è accusata di aver violato l'integrità territoriale dell'Ucraina e la Francia manda la De Gaulle al largo della Siria per bombardare tanto questa quanto l'Iraq.
E' la stessa, identica, cosa ma chi applaude questi demonizza gli altri.
Ma l'ONU che fa? Non dico il Consiglio di Sicurezza che è bloccato dai veti, ma il Segretario non si pronuncia?
La carta dell'ONU, in Siria, è carta straccia.
L'unico intervento esterno legittimo è quello russo, bisogna riconoscerlo.
Quando la guerra PER la Siria si sarà conclusa, sarà necessario che le Grandi Potenze regionali si siedano a un tavolo, magari rotondo come quello dell'ONU, e che convergano su un modello globale per i prossimi 25 anni.
Convergenza vs Dissonanza. Mi sembra un bello slogan degno di Alexander Dugin.

martedì 17 novembre 2015

Ragione e Sentimento

Commentare i fatti di Parigi è difficile. La componente emotiva degli avvenimenti, può avere il sopravvento. L'elevato numero di morti e feriti, i luoghi in cui si sono svolti gli attentati, la giovane età delle vittime sono elementi che toccano il cuore di tutti noi. Parigi è l'Europa. Siamo stati, o abbiamo parlato con chi è stato, almeno una volta in quella città. E' parte di noi sin dai libri di scuola e dai cartoni animati. Piangiamo Parigi ma lo facciamo per noi. E poi, con quale serenità affronteremo ancora i nostri viaggi? Rinunceremo a qualche concerto o a qualche partita in curva? La componente razionale però chiede il suo tributo in termini di analisi. Perchè Parigi? Perchè quei luoghi? Chi è il mandante? Tra tutte, questa suona come la domanda più scontata ma non lo è. Vi sono state rivendicazioni a vario titolo. Alcuni rallegramenti da parte di qualche cellula scovata a chattare sul web, ma non esiste, al momento, prova certa che sia stata opera del sedicente ISIS. L'unica speranza è che, almeno questa volta, riescano a prendere un terrorista vivo per poterlo interrogare (...). L'obiettivo della vendetta è però già la Siria, con i bombardamenti dei caccia francesi e l'intensificarsi di quelli russi. L'intervento è stato approvato all'unanimità dal Consiglio d'Europa ma la missione francese non è avvenuta sotto l'egida dell'Europa Unita. Inoltre non è possibile chiamare in causa l'articolo 5 della carta atlantica, ovvero la difesa collettiva a fronte di un attacco ad un membro della NATO, in quanto l'ISIS non è una realtà statuale e la Siria non è chiaramente dietro gli attentati di Parigi. La Francia agisce da sola contro la Siria. Perchè se anche quanto è avvenuto è opera dell'ISIS, questa entità al momento “vaga” in Siria. Appena dieci anni fa l'avremmo chiamata guerra tra la Francia e la Siria. Oggi cos'è? E poi, l'attacco allo stadio, durante la partita Francia, Germania può essere letto come un attacco all'unione europea, alle sue due nazioni più rappresentative, oppure è una minaccia per i prossimi campionati di calcio della prossima estate? Un obiettivo dei terroristi è già riuscito: seminare il dubbio. Al momento la reazione dell'Europa è scomposta. Gli stadi però vengono già fatti evacuare in via precauzionale. Un altro obiettivo è raggiunto: limitazione delle libertà personali. La reazione degli USA non va oltre il cordoglio e la Russia continua a bombardare. Ma soprattutto a far guadagnare terreno all'esercito di Assad dandogli copertura aerea e intelligence satellitare. Non solo. La parte meridionale della Siria è battuta da almeno 20 mila Iraniani delle Brigate Al Quds, ovvero i marines persiani, che stanno guadagnando terreno. Spalleggiate da qualche migliaio di Hezbollah libanesi. La Siria è oggi, come sempre, il punto d'incrocio delle potenti forze mediorientali, che hanno logiche totalmente differenti dalle nostre, quelle occidentali. Non si scontrano solamente le due correnti storiche dell'Islam, il Sunnismo e lo Sciismo, ma anche le sfere di influenza delle Grandi Potenze della regione e gli interessi delle grandi potenze occidentali per lo sfruttamento della risorsa energetica dei prossimi decenni: il gas. La Siria è il naturale sbocco per il gas iraniano che inizierà a voler fluire verso i mercati europei non appena saranno terminate le sanzioni americane sul (legittimo, ndr) programma nucleare. La Siria è però contemporaneamente il punto di approdo di gas e petrolio individuato dagli Emirati Arabi ed in parte dall'Arabia Saudita.Chiudere la porta agli iraniani è di vitale importanza per i sauditi, sia in chiave economica che politica. Inoltre un aumento delle esportazioni di idrocarburi dall'area del golfo andrebbe a detrimento delle esportazioni russe in Europa. Ecco uno dei perché della presenza russa in Siria. Un altro è la possibilità di mantenere la Turchia entro la sua sfera di influenza energetica ed eventualmente prenderla alle spalle in caso di attacco militare. Un altro ancora è la voglia e la possibilità di esserci e contare. In Siria quindi si scontrano Iran e Arabia Saudita, il primo sciita e il secondo culla della Sunna. Gli alleati del primo sono l'Hezbollah Libanese, ovvero l'unica parte di esercito libanese realmente funzionante e ovviamente Assad. Dall'altra troviamo la Turchia, che vorrebbe diventare essa stessa il paese di transito delle condotte verso l'Europa e le petromonarchie del golfo, piccole ma piene di concessionarie Toyota e stazioni di servizio. La Turchia è inoltre interessata ad evitare che si formi uno stato curdo ritagliando parte di Iraq del nord, Siria ed appunto Turchia. Primariamente, quindi, Ankara combatte per questo. La lotta all'ISIS è solo al secondo punto. L'ISIS, appunto si è conquistato uno spazio in tutto questo scenario che non è autonomo ma è chiaramente orientato verso una visione dell'Islam vicino a quella della Casa di Saud e delle altre monarchie arabe. La sua opera in Siria danneggia tanto Assad quanto i Curdi a nord mentre in Iraq agisce nel territorio non controllato dagli sciiti facendo puntate nel campo avverso tramite attentati. ISIS non è una mina vagante sorta dal nulla ma una strategia ben orchestrata e ben finanziata, per rendere progressivamente caotica tutta l'area che dal golfo persico va verso il mediterraneo. Il fulcro del commercio energetico dei prossimi decenni. Ovviamente ci sono anche Russia e Stati Uniti. I primi sotto gli occhi di tutti, i secondi in supporto nascosto dei propri interessi geopolitici nella regione. Entrambe sedute ai tavoli di Vienna, di Antalya e di qualsiasi altro posto per discutere una soluzione politica ad un dramma geopolitico che sta generando sofferenza nei popoli coinvolti, nessun escluso, e sta pericolosamente assomigliando ad un male mal curato che si diffonde in un corpo sano. Oggi è Parigi. Ma è stata Madrid, Londra, Mumbai, Mosca. Al momento, nei fatti, un asse è rappresentato da USA, Turchia, Arabia Saudita, Qatar e Emirati Arabi Uniti. Ed un altro è formato da Siria, Russia, Iran, Iraq Cina e in parte Egitto. L'Europa sta con i primi. Ma anche un po' con i secondi. I soldi sauditi fluiscono copiosi a Londra, Parigi e anche Roma. E' però anche vero che il presidente iraniano Rouhani avrebbe dovuto visitare Roma e Parigi proprio nel weekend degli attentati ed ha annullato la sua visita. Sono quasi certo che venisse per parlare di gas ed import-export. Le stragi in Europa non si risolvono militarizzando le città, cosa insostenibile nel lungo periodo, ma agendo sulle cause che portano una persona a partire dal medioriente per venire in Europa, a Parigi, scendere da un furgoncino e sparare all'impazzata contro un bar. E morire poi mezz'ora dopo. Questo è un conflitto di Potenze a l'ancienne ma combattuto dai servizi oltre che dagli eserciti. Non aver previsto un evento così vale di per sé una sconfitta militare. La guerra con l'ISIS, se c'è, è asimmetrica per sua stessa natura e non può essere combattuta con gli attuali mezzi. Gli attentatori di Parigi hanno agito in maniera mirata, circoscritta, ed in 8 hanno provocato 130 morti e 300 feriti. Un missile terra aria sparato da un Mirage o da u SU-24 costa centinaia di migliaia di euro e per uccidere 130 persone abbatte un intero isolato. Non c'è proporzione. Inoltre “loro” possono portare il caos da “noi”, ma noi il caos lo abbiamo portato da loro già da tempo e si sa, caos più, caos meno...Ai tempi del terrorismo italiano, negli anni '70, si soleva dire: “bisogna asciugare l'acqua di cui si nutre il terrorismo”. Ecco appunto, l'acqua è un bene prezioso. Cominciamo ad assetarli.

martedì 10 novembre 2015

Valori ed interessi

Il 9 Novembre di 25 anni fa Berlino Est e Berlino Ovest diventavano un'unica città. Il muro era caduto ed il "socialismo reale" terminato. Il nuovo secolo è iniziato il giorno dopo. Alla fine della guerra fredda un intero sistema di idee, quello comunista, usciva delegittimato dai suoi stessi risultati economici e politici, mentre l'altro, quello liberale, poteva vantare una vittoria totale. Fukuyama la definì la Fine della Storia. Per 70 anni milioni di persone hanno ancorato i propri Valori a quelli dell'una o dell'altra parte. Comunisti o socialisti, atei, materialisti da una parte e liberali, cristiani o laici, tradizionalisti dall'altra. Valori ed interessi coincidevano tra loro ed erano radicalmente opposti a quelli dell'altro campo. Non era possibile, ad esempio, scindere un'etica comunista da un agire conforme e da un atteggiamento coerente: se si stava "a sinistra" si stava con Cuba, con gli omosessuali, con i rivoluzionari del mondo, con la Russia e contro la NATO. D'altra parte neanche nel campo del "mondo libero" era possibile scindere i propri Valori dall'interesse nel continuare a preservarli. L'importante era non cedere spazio all'avversario. Ognuno dei due sistemi rappresentava un orizzonte di senso coerente, in cui non erano possibili commistioni con il pensiero "nemico" nè tantomeno con i suoi Valori. Nel mondo post-ideologico la politica fatica invece a definire chiaramente un orizzonte di senso, la società è diventata, ormai, un "villaggio globale" e gli avvenimenti dall'altra parte del mondo possono sconvolgere la nostra tranquilla vita quotidiana. 25 anni dopo quel 9 Novembre il mondo è cambiato. Ma siamo soprattutto cambiati noi. I Valori, infusi e sostenuti dai due sistemi ideologici hanno lasciato spazio agli interessi, in breve i primi non guidano più i secondi. Siamo spesso sottoposti quotidianamente ad una scelta tra i nostri Valori ed i nostri interessi. E', questa, la società del rischio e dell'incertezza. La massiccia dose di drammatizzazione televisiva trasforma ogni giorno in un test sulla saldezza dei nostri Valori e la forza dei nostri interessi. I migranti, i rom, l'eutanasia, le unioni gay, la politica in tribunale, la crisi economica, la guerra al terrorismo. Non è più semplicemente possibile rifarsi alla dottrina di parte, o di partito, per poter essere certi di aver fatto la scelta giusta. Ogni scelta, in un sistema di mercato che include anche le idee, è solamente una nostra responsabilità. Seguire i propri Valori, in un mondo senza Valori, può essere nocivo anche per i propri interessi. D'altro canto seguire solo questi ultimi ci impedisce di capire il Perchè li stiamo seguendo e porta a chiudersi su di essi in una spirale egoistica. E' inoltre cambiato il fattore tempo. Tutto si sussegue ad un ritmo frenetico, i cambiamenti sono repentini, le notizie continue. Bisogna decidere in fretta, l'orizzonte temporale si è accorciato. Ma è possibile essere coerenti in un sistema più ampio che non ha più riferimenti fissi? Nell'attuale fase politica italiana, ad esempio, dove si posiziona un elettore? Nel farlo pensa alla "Legge Fornero",alla gestione dell'immigrazione, al "Jobs Act", alla legge sulle unioni gay, agli scandali politici o al "Patto del Nazareno"? I Valori che seguiamo oggi in un partito politico sono ancora retaggio di quella divisione manichea di 25 anni fa. Oggi però frequentemente gli interessi che quei partiti perseguono non è coerente con i Valori che essi propugnano. Il panorama che ogni sera, da ogni telegiornale, viene prospettato impone di "sganciarsi" da coloro i quali propugnano Valori per accaparrare consenso e perseguire poi altri interessi. Soprattutto se per vent'anni almeno hanno fatto di quella battaglia di Valori, tra Valori, un mezzo per mantenere in piedi un sistema politico decadente. Oggi tutti possiamo vederlo chiaramente, ma qualcuno ancora stenta a crederci poichè questo viene prospettato come l'unico presente (e futuro) possibile. E' ora di togliersi gli occhiali a lenti rosse e blu per guardare la realtà sotto occhi diversi. E' necessario pensare una società in cui i Valori e gli interessi, tanto dei singoli quanto della collettività, non siano una minaccia gli uni per gli altri. Una società in cui la ricerca della propria felicità non venga raggiunta a scapito della desertificazione dei Valori della società stessa. Una società che parta dal principio di responsabilità, che ridia senso al concetto di credibilità, che applichi concretamente un principio meritocratico. Se riusciremo a ripartire da questi, Responsabilità, Credibilità e Merito, avremo iniziato il percorso che riporta Valori ed interessi sulla stessa strada. Forse non proprio vicini vicini, ma almeno sulla stessa strada.

mercoledì 15 luglio 2015

L'Iran guadagna il suo posto al sole. Nucleare.

L'accordo del 15 di Luglio a Vienna tra l'Iran e il gruppo denominato 5+1 formato da USA, Russia, Cina, Francia, Inghilterra e Germania segna un punto di passaggio per le relazioni internazionali dei prossimi decenni. 
Con la fine dell'embargo a Cuba  e all'Iran, la fine come Stato nazionale della Libia e l'accerchiamento della Siria di Assad, solo la Corea del Nord resta membro dell'"Asse del Male". Con gli ultimi due accordi dell'amministrazione Obama, svaniscono gli ultimi due "nemico pubblico numero 1" contro i quali gli USA potevano ancora scagliarsi nella loro retorica internazonale. Ora trattare con i coreani sarà il prossimo  obiettivo di molti.
Con la firma di Vienna può iniziare il cauto disgelo di tutte le parti per trarre reciproco beneficio dalle ricadute degli accordi. L'Iran è stato accerchiato da una serie di anelli concentrici di sanzioni e controlli che ne ha ristretto l'azione sovrana negli ultimi 15 anni e ad oggi il paese ha forti limitizazioni alla crescita della sua economia. Le sanzioni economiche gli impediscono una piena esportazione del suo potenziale petrolifero e metanifero e al contempo negano ai capitali iraniani l'accesso al circuito euro-americano SWIFT per le transazioni internazionali. Eliminato l'ostacolo nucleare, l'Iran si aspetta ora che anche le sanzioni vengano rimosse per tornare appieno nella "comunità internazionale" e poter impiegare i vasti capitali nei mercati internazionali . Tutti però a chiedersi:  Chi ha vinto? Chi ha perso? Apparentemente perdono Israele e Arabia Saudita ma l'accettazione dell'Iran quale potenza regionale non significa forse di doverso preparare ad un contenimento? Su chi possono ricadere le attenzioni, e i finanziamenti di Washington nell'area? D'altronde anche le limitazioni alla vendita di armamenti a Tehran termineranno tra 5 anni e un equilibrio militare progressivamente verrà dispiegandosi. Ha vinto l'Iran? I controlli sulle installazioni nucleari rimangono e le capacità di elaborazione del plutonio vengono quasi azzerate ma possiamo dire una cosa : l'accordo stipulato a Vienna certifica di fatto la "capacità nucleare" dell'Iran. Ciò significa che quel paese ha raggiunto le conoscenze tecnologiche e ha i mezzi per costruire un ordigno nucleari in meno di 1 anno, forse 6 mesi. L'Iran, d'altronde, è già capace di costruire missili balistici, su disegno cinese, con una gittata di 6500/8000 km. L'intero medioriente è potenzialmente sotto il suo arco, ma non è obietivo dell'Iran avere un programma militare nucleare. Israele, che non è firmatario del NPT al contrario di Tehran, si stima possieda 200 testate nucleari e comprovata capacità di primo e secondo colpo.
In caso di attacco nucleare iraniano basterebbe una sola esplosione per distruggere e rendere inutilizzabile un ampia parte del territorio israeliano. Il secondo colpo nucleare israeliano presumibilmente però raderebbe al suolo l'intera civiltà iraniana nei successivi 15-20 minuti. E' uno scenario che non vuole nessuno, prima di tutti Israele. Ora però lo stato di Tel Aviv sa di non essere l'unica potenza nucleare nell'area mediorientale e che l'idea di un attacco alle installazioni nucleari iraniane è definitivimante tramontata. Il gas iraniano potrà ora fluire liberamente verso la Cina, attraverso le diverse strade che Pechino ha già costruito in Pakistan. Quello stesso gas potrà ora fluire, senza infrangere più alcuna remore neo moralistica, dall'Iran alla Gran Bretagna, alla Francia,all'Italia, all'Europa. Anche gli USA sono interessati al gas iraniano, comunque più economico di quello generato dal fracking e al suo petrolio. L'acordo sancisce anche e soprattutto che l'Iran è un pivot, se non IL PIVOT indispensabile agli equilibri dell'area. Tutti ne hanno in qualche modo bisogno e la sua stabilità è fonte di stabilità per un'area più ampia. Contemporaneamente  il 5+1 prende atto del fatto che esiste un'area di civiltà sciita che va dal mar del Caspio all'Oceano Indiano, dall'Afghanistan allo Yemen, passando per Siria e Libano.Aggiungiamoci anche la Bosnia e portiamoci avanti con il lavoro.Vince anche la Russia che vede legittimato il suo ruolo nell'area del Caspio e in generale in tutta l'Asia Minore e sul mediterraneo. Essa raggiunge un accordo che le permette di mantenere  il suo ruolo di hub energetico nella regione del Caspio, non perdendo l'alleanza con l'Iran (che è anche membro-osservatore  nella SCO), negoziando alla pari con gli  USA e "sicurizzando" il suo fianco sud-ovest. La Russia, non a caso, è parte in causa in ognuno dei teatri in cui è coinvolta Tehran ma ne è apertamente partner nella costruzione e gestione dell'impianto di Natanz. Vedremo l'impatto di questo clima sulla gestione della "questione ISIS" e se alla fine a fare le spese dell'accordo non sia solo Assad. Comunque si è trattato di un accordo di tipo nuovo, multipolare, alla ricerca di una soluzione (sebbene solo dopo aver cavalcato il problema), con un alto grado di soddisfazione reciproca. E' la stipula di un accordo "alla cinese", di tipo "win-win" ovvero in cui non perde nessuno e tutti guadagnano almeno un poco. Ogni lunga marcia comincia con un singolo passo, no?

PS:
C'eravamo anche noi italiani? 
Pochi sanno che eravamo il secondo partner commerciale europeo di Tehran prima delle sanzioni. Negli anni '50, FIAT aveva uno stabilimento a Isfahan ed ENI ha ancora accordi di estrazione dal giacimento-monstre di Pars II.
Lady PESC, Federica Mogherini, ufficialmente presente per conto dell'UE, ha sicuramente portato l'ottica nazionale (e vaticana) nell'intricata questione gestendo l'ultimo round di negoziati sino alla stipula del trattato.
Spero lo abbia fatto perchè era lì per quello.