Le esportazioni
cinesi nel mondo sono ancora diminuite a novembre, aumentando le
preoccupazioni per gli effetti della guerra commerciale tra le due
nazioni. Quello di novembre è il quarto calo consecutivo e le
esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite del 23%, il peggior
risultato del genere da febbraio e il dodicesimo calo mensile
consecutivo.Un altro giro di tariffe statunitensi sulle merci cinesi
è previsto domenica prossima, come parte della disputa commerciale
in corso.Venerdì, il consigliere economico della Casa Bianca ha
dichiarato che la scadenza del 15 dicembre - per imporre un nuovo
giro di tariffe su circa $ 156 miliardi di esportazioni cinesi - è
ancora in vigore. Cina e USA stanno negoziando un potenziale accordo
volto a ridurre la controversia commerciale, ma finora non sono
riusciti a concordare i dettagli. Anche l'Europa è vittima di questa
situazione, subendo gli effetti dei dazi USA sui propri prodotti e il
contemporaneo rallentamento dell'export della Germania. Gli
economisti affermano che, anche se le trattative volte ad evitare i
nuovi compiti americani avessero successo, molti acquirenti
statunitensi avranno già trovato fornitori alternativi. Il
presidente Trump ha detto che i colloqui commerciali "stanno
andando avanti", ma la Cina afferma che le tariffe esistenti
devono essere eliminate come parte di qualsiasi accordo. La guerra
commerciale in atto da quasi 2 anni ha aumentato i rischi di una
recessione globale. I responsabili politici cinesi potrebbero cercare
ulteriori misure di stimolo dopo che la crescita dell'economia si è
raffreddata a minimi di quasi 30 anni, con un tasso di crescita
inferiore al 7%. Nel frattempo, le importazioni cinesi sono aumentate
inaspettatamente dello 0,3% a novembre rispetto all'anno precedente,
segnando la prima crescita annuale da aprile. Ciononostante, il
surplus commerciale della Cina con il resto del mondo è diminuito,
sebbene valga ancora $ 38 miliardi al mese. Saranno Pechino e
Washington a decidere se la nostra decrescita sarà felice.
Un Blog per liberare pensieri e ragionamenti ispirati,e necessari, alla realtà quotidiana. Perchè spesso siamo portati a pensare in modi che non ci appartengono,ispirati da chi ha interesse a conformare il pensiero generale verso verità semplici, logiche e incontrovertibili ma che in realtà, scansano dal nostro cervello tutte le altre e le nascondono. La mancanza di Idee porta all'inazione ed alla morte di Se
Perchè Ordine e Progresso?
Il Blog prende il nome dal motto inscritto sulla bandiera del Brasile e mutuato da un'aforisma di Auguste Comte.
Questi, uno dei padri della Sociologia, era una convinto positivista, il che nel 1896 lo rendeva anche un progressista.
L'importante è , come infatti Comte mette al primo punto, che l'Amore sia sempre il principio cardine dell'Agire.
L'Amore per principio e l'Ordine per fondamento;il Progresso per fine
Auguste Comte ,1896
domenica 8 dicembre 2019
Decrescita Made in China
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La NATO è Morta?
Durante un'intervista, Macron ha
affermato che la NATO è "cerebralmente morta", scatenando
la contrarietà della tedesca Merkel e del Segretario della NATO
stessa, Stoltenberg, ma guadagnandosi il plauso dei russi. Il
presidente francese ha fatto riferimento alla decisione americana di
non coordinarsi con gli alleati circa il proprio ritiro dalla Siria,
ma anche alla decisione turca di invadere quest'ultima. Il dibattito
sull'utilità dell'alleanza atlantica è stato aperto dal presidente
Trump sin dal suo insediamento e rispecchia l'assenza di una vera
strategia dopo la fine della guerra fredda. L'alleanza è nata
infatti per contrastare un eventuale invasione sovietica dell'Europa,
ma con il crollo dell'URSS la sua ragion d'essere è venuta meno. Le
guerre succedutesi dal 91 in poi hanno visto la partecipazione dei
paesi europei in ordine sparso e fuori dalla cornice della NATO,
fatto salvo l'intervento nell'ex Jugoslavia. Il dibattito sulla
creazione di un esercito europeo, senza gli americani, è in corso ma
il suo esito non è scontato; con l'uscita della Gran Bretagna,
infatti, solo la Francia disporrebbe di un esercito abbastanza
strutturato e dotato di armi nucleari e sarebbe attorno ad esso che
dovrebbe fondarsi una forza militare pan-europea. Al momento esistono
già divisioni miste franco-tedesche e paesi come Romania e Olanda
forniscono personale all'esercito tedesco rcevendone in cambio
addestramento e mezzi moderni, come i carri armati. Curiosamente,
Macron, nell'elencare i rivali di un possibile esercito europeo ha
citato Russia, Cina e USA, preoccupando non poco sia questi ultimi
che i loro alleati storici come l'Italia. Quale dovrebbe essere il
raggio di azione di un'alleanza militare solo europea? Il Nord
Africa? L'intero continente africano? Il Medioriente? La Russia? E
inoltre, quanto dovrebbe crescere il budget della difesa dei singoli
stati per giungere ad avere una degna deterrenza nei confronti dei
"nemici" citati da Macron? Possiamo pensare che un'unione
economica possa trasformarsi in una militare senza prima essere anche
un'unione politica? A quanto pare Macron e la Van Der Leyden pensano
di si.
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E' morta la Politica,Viva la Politica.
30 anni fa, il 9 Novembre
89, cadeva il muro di Berlino. Oltre 70 anni di rivalità tra due
blocchi che erano diversi in tutto ed in tutto contrapposti,
terminava e lasciava un solo sistema di valori vincitore: il modello
occidentale. Capitalista, progressista, per lo più cristiano e
democratico; abbiamo vissuto in questo sistema per molta parte della
nostra vita, e le giovani generazioni non hanno conosciuto che
questo. In questi trent'anni sono cambiati gli imperativi che guidano
le nostre azioni, le nostre chiavi interpretative, le nostre
aspettative.Siamo cambiati noi. L'ottica è sempre più di breve
periodo, nuove necessità nascono da stimoli sempre più intensi. Le
mode si succedono sempre più rapide e influenzano sempre più le
abitudini. In questa situazione la Politica si è trovata a dover
svolgere esclusivamente un opera di amministrazione e risoluzione
delle istanze portate dal Mercato. La Società, in questo processo,
si è dovuta adattare. La crisi economica nella misura in cui
l'economia si è sostituita alla politica come mezzo per la
realizzazione delle nostre aspirazioni è anche crisi esistenziale.
Ma l'economia non ha altri fini che la continuazione di se stessa,non
può proporre traguardi ideali che possano portare un individuo a
crearsi un orizzonte d'azione che non sia meramente lavorativo. La
politica invece ha uno spettro più ampio, coinvolge molteplici
aspetti dell'intera nostra vita, deve avere un orizzonte stabile per
fornire una cornice anch'essa stabile all'esistenza degli individui.
Nascere, Crescere, avere dei figli, morire dignitosamente non sono
fini ultimi dell'economia, sia essa industriale o finanziaria, ma
devono esserlo per la Politica che è fatta dagli uomini per gli
uomini e non dai numeri per il profitto. Se lasciamo che la politica
sia indotta nelle sue scelte solamente da principi di natura
economica senza che siano chiari i fini socialmente espressi ed i
valori che supporterano l'azione,allora avremo vinto la battaglia
contro i Piani Quinquennali per perdere la guerra contro le Relazioni
Trimestrali.
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Amici ma anche no.
La decisione di Trump di ritirare le
proprie truppe dalla Siria, ha aperto la strada all'invasione del
nord del paese da parte della Turchia. Questa è una palese
violazione della carta dell'ONU, ma d'altronde anche la presenza
americana non era stata ratificata da alcuna decisione delle Nazioni
Unite. Il presidente americano ha motivato la decisione con la
volontà di "finirla con tutte queste inutili guerre"e fa
il paio con il tentativo di ridurre anche la presenza in Afghanistan,
che però non ha avuto ancora seguito. A seguito dell'intervento
russo, il tentativo di rovesciare il governo siriano è sfumato e la
presenza americana è ormai ininfluente. L'appoggio dato ai curdi
siriani in funzione anti Assad non è più strategico e rischiava di
far entrare in collisione gli USA sia con la Turchia che con la
Russia. Lo stesso scenario si sta dispiegando anche in Ucraina dove
gli USA non appoggiano più il governo nelle sue istanze anti-russe.
Se si considera quanto poi sta avvenendo sul fronte del "Russiagate",
con le rivelazioni a carico del candidato democratico Biden, quel
fronte è ormai utile solamente in vista delle elezioni dell'anno
prossimo. Il presidente americano gestisce la politica estera in
maniera apparentemente sincopata ma si intuisce il mutare delle
priorità a favore di un maggiore contrasto alla Cina, percepita
ormai come il maggior pericolo all'egemonia americana. Il non troppo
velato appoggio alle sollevazioni in atto ad Hong Kong, coì come le
sanzioni varate nell'ultimo anno su oltre 250 mld di $ di merci
cinesi, vanno in questo senso. Lo stesso trattamento è stato
riservato anche all'Europa, con il duplice scopo di riequilibrare la
bilancia commerciale e di riportare Bruxelles su posizioni filo
americane, dopo i recenti accordi commerciali con il gigante cinese.
Secondo un celebre adagio, "gli USA non hanno amici ma solo
alleati" e questi lo sono sino a che sono utili. Probabilmente
dovremo abituarci al pragmatismo di Trump anche nel suo secondo
mandato.
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riflessioni
Greta e Aurelio
Nel 1972 un libro ha scatenato il più
grande dibattito sul futuro dell’umanità. Si trattava de "I
limiti dello sviluppo", un report sullo stato complessivo del
pianeta Terra, che metteva in guardia verso ipotetici scenari futuri.
Il libro, diventuto un best seller, era stato commissionato dal Club
di Roma, un’associazione di scienziati, umanisti e imprenditori
legati dalla comune preoccupazione per la situazione mondiale.
Promotore di quella iniziativa fu Aurelio Peccei, dirigente FIAT nato
a Torino nel 1908. Lo scenario descritto dal libro, fondato su un
modello con cinque variabili: crescita demografica, produzione
alimentare, industrializzazione, inquinamento e consumo di risorse
non rinnovabili, illustrava la concreta possibilità che l’intero
sistema mondo sarebbe collassato nel corso del XXI Secolo. Da allora,
il Club di Roma pubblica con regolarità rapporti e studi
metodologici sui limiti del pianeta, analisi sulle migliori pratiche
di governance e riflessioni sui valori fondamentali per il futuro.
Nel 2015, l’ONU ha approvato una "Agenda 2030 per lo sviluppo
sostenibile", i cui elementi sono stati riassunti nei “17
punti per lo sviluppo sostenibile”,tra lotta a povertà, fame,
disuguaglianze, conservazionismo ambientale e promozione di economie
globali sostenibili. Lo stesso anno, quasi 200 nazioni hanno siglato
l’Accordo di Parigi per la riduzione delle emissioni di gas serra
con il fine di contenere il riscaldamento medio del pianeta entro la
soglia di 1,5°C. Il nuovo report pubblicato dal Club di Roma, "La
trasformazione è possibile", tratta il come raggiungere gli
obiettivi di sviluppo sostenibile promossi dall’ONU. La vera sfida,
oggi, è cambiare il modo con cui gran parte degli esseri umani pensa
al pianeta Terra. Come ricordano gli autori del report, viviamo
ancora in un mondo dove sembra che “tutti sappiano ma nessuno
voglia capire” la magnitudine della trasformazione necessaria. Le
conclusioni scritte in quel libro di 50 anni fa sono valide ancora
oggi: vale la pena rileggerle.
Ultima fermata Teheran
Sabato 14 un attacco portato da droni
ha danneggiato due grandi impianti petroliferi sauditi. Il Segretario
di Stato USA, Pompeo, ha subito accusato l'Iran, sebbene sia giunta
immediata la rivendicazione pa parte delle guerriglie Huthi dello
Yemen.
La situazione è complessa e molti
attori partecipano agli avvenimenti in corso in quell'area. L'attacco
è giunto alla vigilia delle elezioni israeliane e a due giorni dal
licenziamento del consigliere Bolton, fieramente anti Iran, da parte
del presidente americano.
Aggiungiamo che a giugno erano state
colpite due petroliere al largo di Hormuz e una rappresaglia
americana è stata fermata da Trump in persona, che al recente
vertice del G7 in Francia ha partecpato anche il ministro degli
esteri iraniano Zarif e che nei giorni scorsi Trump si è detto
pronto ad aprire il dialogo con l'Iran, offrendo una linea di credito
di 15 miliardi. Tutti questi fatti sono strettamente connessi tra
loro. Bolton era fautore della linea dura con l'Iran con lo scopo di
arrivare ad un cambio di regime in quel paese, o addirittura ad una
guerra, ma Trump è contrario. Egli sa che sarebbe un evento
catastrofico, senza alcuna certezza di vittoria. Vi è una lotta
strenua nell'amministrazione tra il Presidente e alcune figure di
spicco della burocrazia nominata negli anni precedenti, che spinge
per una guerra all'Iran. Bolton rappresentava quest'ultima ed era
appoggiato sia dai sauditi che dal Premier israeliano Nethanyau.
Senza voler essere complottisti, è da notare come ogni volta che
Trump fa un passo verso l'Iran, qualcosa accade per riportare la
tensione tra i due Stati. Bisogna aggiungere che l'Iran è il primo
fornitore di petrolio alla Cina e che la Russia ha con esso stretti
legami economici e militari. Una guerra chiamerebbe in causa
direttamente entrambi i paesi e sarebbe una catastrofe. L'Europa
cerca di far da paciere ma ogni giorno accade qualcosa che annulla
gli sforzi verso un accordo. Oggi è il petrolio a scorrere,
preghiamo perchè domani non sia il sangue.
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Il tempo delle scelte
Il risveglio della questione libica,
l'infinita Brexit, le prossime elezioni europee, l'accordo USA-Cina,
la Russia in Venezuela; la politica estera continua a fornire spunti
di riflessione sul costruendo assetto delle relazioni internazionali.
In Libia, Haftar, sostenuto da francesi e russi, freme per prendersi
l'intero paese. L'Italia non ha nulla da guadagnarci e sostiene
Sarraj insieme ai freddi americani. E' già successo in passato e
ancora accadrà, sino ad uno scontro definitivo o ad un nuovo accordo
spartitorio. Chi invece un accordo non riesce a trovarlo, è
l'Inghilterra, che continua a posticipare l'uscita dall'UE, ma si
trova di fronte la data delle elezioni europee. Rischia di
parteciparvi sapendo di starne fuori; un paradosso. Trump,
rinvigorito dall'evaporazione delle accuse sul Russiagate, è tornato
a dedicarsi al muro con il Messico e agli accordi con la Cina. Sa di
partire sfavorito poiché Pechino,tessendo la sua rete commerciale,
diplomatica e politica grazie alla Via della Seta e alla Banca
Asiatica, sta creando un nuovo ambiente economico dal quale gli USA
si sono auto esclusi. Questi, poi, non esportano abbastanza e sono
troppo dipendenti dalle importazioni cinesi per permettersi di fare i
duri. L'Europa arriva alle elezioni con lo spauracchio “sovranista”.
Al momento il blocco europeo, guidato da Salvini, è dato al 10%,
poco per scalfire l'oligopolio popolari-socialisti, ma mai come
quest'anno, il voto, sarà un test interno per tutte le nazioni. Il
tema europeo è ormai centrale in Francia quanto in Germania, e la
dicotomia destra-sinistra è ormai in crisi ovunque. Sorprese sono in
vista. In Venezuela si profila un nuovo scenario siriano, con i russi
che inviano un centinaio di truppe in sostegno a Maduro. Tutto
legittimo secondo la carta dell'ONU, ma gli USA temono
l'accerchiamento. Un po' quello che la NATO ha fatto negli scorsi 20
anni con la Russia. Il mondo è ormai multipolare, le sfere di
influenza tornano di moda,è il tempo delle scelte.
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venerdì 29 marzo 2019
Marco Polo riparte per la Cina.
La visita del presidente cinese Xi Jinping si è appena conclusa e ha portato alla firma di accordi di collaborazione su molti temi, principalmente di natura economica. Il memorandum firmato a Roma non è vincolante per le due Nazioni ma rappresenta la cornice entro la quale scrivere i trattati bilaterali che verranno firmati nei prossimi 5 anni. I timori di una colonizzazione cinese dell'Italia sono esagerati ma gli accordi già stipulati da altre Nazioni, nell'ambito dell'iniziativa detta "nuova via della seta", devono essere studiati per non incorrere negli stessi errori. Sri Lanka, Pakistan, Gibuti e Montenegro hanno pagato cara la leggerezza con la quale hanno accettato i finanziamenti cinesi per le loro infrastrutture, e alcune di esse sono divenute legalmente di proprietà cinese. Durante il suo viaggio in Europa, il presidente Xi ha incontrato anche Macron e Merkel, e anche in questo caso gli accordi economici sono stati l'argomento del dialogo, con la differenza che Francia e Germania intrattengono da anni fruttuosi rapporti commerciali con la Cina. L'interscambio commerciale franco-cinese è di 167 Mld, quello tedesco è di 170, quello italiano tocca i 50 Mld. Il nuovo governo considera auspicabile un ampliamento di tale interscambio e la visita in Cina del settembre 2018 ha visto la partecipazione di diversi imprenditori italiani. Gli USA si sono detti preoccupati che gli accordi economici possano divenire di ordine geopolitico, ma è una prospettiva al momento remota. La resa incondizionata dell'Italia firmata a Cassibile nel '43, la lega agli USA in maniera molto stretta e l'ampia presenza militare americana nel Belpaese ne è la prova. Certo è che la perdita di centralità degli USA negli assetti internazionali è ormai un fatto e qualunque vuoto viene riempito dalle potenze mondiali e regionali. La stabilità globale deve essere continuamente costruita; oggi questo onere è in carico alla Cina, ma è ancora l'Europa a restare al centro del mondo. E Pechino lo sa.
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domenica 17 marzo 2019
Indietro tutta.
In soli due giorni il
mondo è cambiato di nuovo; il 22 gennaio Merkel e Macron hanno
rinnovato il patto che 55 anni prima De Gaulle e Adenauer firmarono
per legare i loro paesi e impedire guerre future. Il 23, in
Venezuela, il principale oppositore di Maduro, Guaidò, si è
autoproclamato Presidente della nazione, senza però esser stato
eletto a questa carica. Entrambi gli avvenimenti sono il segno di un
rapido ritorno ai fondamenti del Realismo Politico da parte delle
Grandi Potenze. Gli USA tornano alla Dottrina Monroe, secondo la
quale il continente americano è una loro area di influenza, mentre
Francia e Germania mettono insieme le loro debolezze, economica per
la prima e politica per la seconda, per creare il germe di un futuro
super-stato imperiale. Se a ciò aggiungiamo che Macron si è detto
pronto a cedere alla Germania il proprio seggio all'ONU, e di
condividere oneri e onori del possesso dell'arma atomica, si
comprende meglio l'accelerazione della Gran Bretagna nel volere
uscire dall'UE. Quanto accaduto a Caracas ha scatenato il caos in
patria e all'estero, visto che gli USA hanno avallato il gesto di
Guaidò, mentre Russia e Cina lo hanno stigmatizzato. Detto
chiaramente, l'autoproclamazione è un atto illegale e
l'intromissione degli USA è vietata dalle norme dell'ONU: volere un
politico amico è comprensibile, spingere un paese alla guerra civile
per ottenerlo non lo è. In Europa, molti sono preoccupati della
mossa franco-tedesca, in primis l'Italia, che 55 anni fa era parte
del progetto e oggi ne è esclusa. Conte ha subito chiarito che il
seggio francese all'ONU dovrebbe andare all'UE e non ad una sola
nazione. In entrambi i casi, la realtà ha dettato le scelte: la
Francia ha ormai un solo punto di forza, l'arma nucleare, il
Venezuela le sue riserve petrolifere. Le cause della resa sono la
forza economica tedesca e quella militare degli USA. Ad essere
sconfitta è la democrazia rappresentativa, ma la Cina dimostra alle
Elite che si può farne benissimo a meno.
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La diplomazia del tubo.
Quello che all'apparenza potrebbe
sembrare un titolo ironico, è invece il motivo per cui l'Italia, e
non solo, si è spesa molto per la Conferenza di Palermo sulla Libia
del 12 e 13 Novembre 2018. Alla sua chiusura, il Presidente Conte l'ha
definita una "non vittoria" ma sapeva di dire una mezza
bugia. E' stata infatti una mezza vittoria poichè vi hanno
partecipato Al Sarraj, presidente del governo provvisorio libico, il
suo potente avversario Haftar, l'inviato dell'ONU Salamì, l'egiziano
Al Sisi, il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, il primo
ministro russo Medvedev, il greco Tzipras e i rappresentanti di Qatar
e Turchia. E' stata la prima volta in cui tutti i principali attori
della vicenda libica si sono riuniti sotto lo stesso tetto, tutti
tranne tre: Macron, la Merkel e la May. Per il primo è stata una
sconfitta cocente. La Francia infatti sostiene Haftar e, dopo aver
rovesciato Gheddafi, ha provato più volte a fare della Libia un
proprio protettorato, non certo per motivi umanitari. Quel paese, si
sa, è ricco di petrolio e gas ma è da sempre legato all'Italia,
con la quale è appunto connesso da un metanodotto che, grazie ad ENI
e SAIPEM, porta milioni di metri cubi di gas alle raffinerie
siciliane. La Francia ha un doppio obiettivo: chiudere quel "tubo"
per indebolire la posizione dell'Italia quale snodo energetico
d'Europa e impadronirsi dei giacimenti libici per farli gestire alla
sua partecipata, la Total. Anche i tedeschi sono interessati ad
indebolire l'Italia per lo stesso motivo, i Russi cercano di
ostacolare la posizione francese e gli USA quella sia tedesca che
francese. Il gioco libico è molto complesso ed anche Turchia, Qatar
ed Egitto vi partecipano per lo stesso motivo: l'accesso o meno al
ricco mercato europeo dei flussi energetici africani e mediorientali.
Il gas, a differenza del petrolio, necessita di accordi di lunga
durata ed è oggetto di rapporti geopolitici non sempre cristallini e
palesi. I tubi, quando si hanno, è meglio tenerseli.
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La Cina è vicina (?)
Il dibattito sul TAV in Valsusa è più
caldo che mai ma non è il solo che riguardi le vie del commercio
internazionale che interessano l'Italia. Il 22 marzo il presidente Xi
Jinping, visiterà per la prima volta la penisola per incontri ai
massimi livelli, da Mattarella al premier Conte. Centro della visita
sarà l'adesione del nostro paese alla nuova "Via della Seta"
(BRI), che la Cina sta realizzando dal 2013, per connettere Asia,
Europa e Africa e affiancare la globalizzazione a guida americana.
Gli USA temono che questa venga in realtà sostituita dall'iniziativa
cinese e chiedono al nostro paese di desistere. La Cina si propone di
unire con nuove linee ferroviarie e marittime, 60 paesi aggregando il
35% del PIL e il 60% della popolazione mondiale. L'Italia è uno
snodo importante e potrebbe divenire il punto di approdo per le merci
europee verso la Cina e viceversa. I cinesi sono interessati al porto
di Trieste, ma non solo, e alla possibilità di raggiungere i mercati
europei, con tre giorni di anticipo rispetto a Rotterdam. Anni fa si
interessarono a Gioia Tauro, ma lungaggini burocratiche, e
l'ostracismo di parte della politica locale, vanificarono l'accordo.
Si rivolsero quindi ai greci acquistando il 67% del porto del Pireo,
facendone lo snodo principale per l'import-export con l'Europa. Ora
ci riprovano e gli americani sono preoccupati che un'iniziativa
commerciale possa trasformarsi in un cavallo di Troia che porti a
futuri accordi politici. Il fallito tentativo di accordo
transatlantico, il TTIP, era un tentativo di anticipare e scongiurare
questa eventualità, in un momento storico in cui l'influenza USA nel
mondo è declinante. La "NATO Economica" doveva affiancare
quella militare per mantenere l'Europa nell'orbita americana. La BRI
potrebbe invece portare un giorno l'Europa nella SCO, l'alleanza
militare a guida russo-cinese. Se nel 1492 la scoperta dell'America
generò l'eclissi dell'Italia; la riscoperta della Cina porterà
invece a un nuovo Rinascimento?
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Radio Londra dice Bye Bye
Il 29 marzo scadrà il termine che EU e
Gran Bretagna si sono date per attuare la cosiddetta Brexit.
Al momento si profila un'uscita senza
accordo sui futuri rapporti tra le parti, in particolare su dazi e
tariffe, status dei rispettivi cittadini espatriati e sul nodo della
frontiera tra Eire e Irlanda del nord. Le ultime notizie parlano di
un possibile slittamento al 2021 per aver più tempo per un accordo
ma i nodi da sciogliere sono intricati. Nissan e Honda hanno espresso
la volontà di chiudere gli stabilimenti in GB in caso di No-Deal
(nessun accordo), in quanto le barriere tariffarie per esportare in
EU le loro auto le renderebbero troppo care; meglio spostare gli
impianti sul suolo europeo. Anche alcune istituzioni finanziarie
potrebbero lasciare Londra per Francoforte così come qualche azienda
di alta tecnologia. Non è secondario, poi, che l'isola importi buona
parte di quanto consuma proprio dall'Europa e che senza di essa non
sarebbe autosufficiente in campo alimentare e farmaceutico. Il punto
più difficile è quello relativo alla frontiera tra Irlanda del Nord
ed Irlanda poichè implicherebbe la costruzione di una barriera che
nessuna delle due parti vuole. Si prospetta quindi uno status
speciale che porterebbe alla nascita di una zona franca in cui
varrebbe la doppia circolazione di Euro e Sterlina. Un attentato
nell'Ulster, qualche settimana fa, ha ricordato a tutti che il
rischio di un ritorno alla guerriglia tra cattolici ed unionisti non
è così remoto e che una soluzione di buon senso è interesse di
tutti. Anche la Scozia è un problema poichè è nota la sua volontà
di indipendenza da Londra e la Brexit potrebbe portare ad un secondo
referendum per ottenerla. La premier Theresa May è assediata dal suo
partito, dall'opposizione laburista e dai vertici dell'EU. Il suo è
un compito improbo ma è risoluta nel far uscire comunque la GB
dall'UE. Se gli inglesi non sono soliti fare salti nel buio, questa
fretta indica che per loro è proprio una questione vitale.
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